In occasione dell’uscita del terzo libro dello scrittore Irpino Giancarlo dell’Angelo dal titolo: “𝗨𝗻 𝗽𝗮𝗲𝘀𝗲 𝗽𝗲𝗿𝗳𝗲𝘁𝘁𝗼” Edito da Rossoquadro, conosciamo l’Autore che ci ha concesso gentilmente l’intevista.
Romanzo a tinte gialle percorso da un fluido di passione, il racconto narra delle vicende del Vicebrigadiere Paolo Attignani che rimane ferito in un conflitto a fuoco e viene trasferito nel comune di Morigerato. L’ambientazione scelta per il romanzo è certamente protagonista della storia, dando anche il titolo al libro. L’orientamento verso questo paese a tratti surreale è legato al proposito di rifletteresulla presunta ricerca della perfezione che si tramuta in apparenza. “La denominazione del paese l’ho ritenuta evocativa di ciò che si rappresenta nel libro” (cit. Giancarlo dell’Angelo).
Il nuovo libro di Giancarlo Dell’Angelo “Un Paese Perfetto”.
Diamo il benvenuto a Giancarlo Dell’Angelo e lo ringraziamo per la disponibilità.
Ti chiedo intanto:
- Chi è Giancarlo Dell’Angelo e quando si scopre scrittore?
Sono una persona con una storia semplice e una quotidianità fatta di lavoro e famiglia ma con una grande passione. Potrei definirmi: del tutto normale con piccole dosi di follia. Nel senso che dalle passioni traggo una leggera e positiva dissennatezza di vivere. La mia attrazione per la scrittura credo nasca sin da bambino quando già orientiamo, anche se un po’ inconsciamente, i nostri interessi. Nel mio caso il percorso della scrittura è stato tortuoso e a un certo punto abbandonato per poi rinascere solo pochi anni fa con la prima pubblicazione, nel 2020, del romanzo dal titolo La Strada laterale. Da questo punto di vista il vantaggio è che, al di là dell’aspetto anagrafico, sono un giovane autore.
- “Un paese perfetto” è il tuo ultimissimo libro. Quando e come nasce questo racconto? C’è anche un ‘perché nasce’?
I tre romanzi hanno, in realtà, ognuno una genesi differente. “Un paese perfetto” nasce da una specie di promessa fatta a me stesso quando ho iniziato questa avventura con la scrittura. Le prime righe che scrissi riguardavano una lettera un po’ misteriosa che mi orientò, in un primo momento, verso un racconto giallo. Poi “La strada laterale” prese il percorso dei sentimenti che in quel momento era sicuramente più consono, lasciando, però, giacente l’aspirazione di confrontarmi con questo genere letterario, seppure, a mio modo di vedere “Un paese perfetto” è un giallo anomalo. Allo stesso tempo aggiungerei un’ispirazione al contrario, cioè come punto di arrivo: quello di voler rappresentare e riflettere su argomenti come la perfezione, l’estetica, le apparenze e allo stesso tempo l’esplorazione dell’animo umano. Il giallo ho ritenuto si connettesse bene con tali contenuti perché il crimine è uno degli esempi più lampanti delle devianze umane che hanno, come conseguenza e, a volte come presupposti, ombre e solitudini.
- “Anche le farfalle parlano” è il tuo precedente lavoro. A cosa ti sei ispirato e quanto di autobiografico c’è nel libro?
Il libro nasce in un preciso momento e prende forma da quello che io interpreto come un mio disordine dell’anima che mi aiuta a captare immagini e scene che si innestano misteriosamente e improvvisamente nella routine quotidiana. Nel caso di “Anche le farfalle parlano” ho rivisto con occhi diversi una sequenza già apparsami altre volte ed è stato in quel preciso momento che pensai di scriverci un libro. Seppure i ricordi della mia prima infanzia non siano più tanto nitidi, però, l’ambientazione del libro un po’ mi riporta a quel periodo. Il ricordo di una vita nella natura e di un paesaggio incontaminato. Qualcosa di vissuto c’è sempre, a volte serve a fornire l’orientamento su quali argomenti affrontare nell’ambito di un romanzo e sul modo di farlo.
- Restando sempre su “Anche le farfalle parlano” ti chiedo come mai questo titolo così… delicato? E il nesso con la storia.
Il titolo è innanzitutto una frase positiva, di speranza. La protagonista adotta questo espediente contro la solitudine e la difficoltà di comunicare creando il contatto con un mondo forse incapace di sentire e attraverso il simbolo che la frase rappresenta realizza la sua libertà. In realtà il filo conduttore del romanzo è proprio l’ascolto, un presupposto su cui il protagonista fonda anche la sua ambizione. La capacità della bambina di fantasticare nella dura realtà guiderà da lei un inaspettato rapporto affettivo attraverso il quale esaudire la sua pura ricerca della felicità. Una forza interiore che si tramuta in una trasmissione di energia nonostante le amarezze della vita. La mia idea è che ascoltare molto e parlare poco rende più intelligenti.
- Il libro è il racconto del Vicebrigadiere Paolo Attignani che rimane ferito in un conflitto a fuoco e viene trasferito nel comune di Morigerati. Da qui una serie di vicende che sconvolgeranno la quiete del paese e del vicebrigadiere. Quanto di vero e quanto di fantastico nelle vicende che si susseguono?
Le vicende narrate sono per la maggior parte di pura invenzione così come il luogo principale in cui tali vicende si svolgono, per i motivi legati anche alla sua genesi. In particolare la volontà di creare di una storia che esplorasse a fondo apparenze e ombre attraverso una doppia indagine che va dal crimine all’animo umano. “La debolezza della mente è più pericolosa quando un elemento distorsivo grave si intromette in modo imprevisto nella serena esistenza quotidiana” (Pag. 12). L’osservazione della realtà, però, per la creazione delle mie storie è fondamentale e da essa traggo suggerimenti che poi vengono spennellati di qua e di là nelle pagine. La perfezione nel racconto cerco di analizzarla attraverso le “facciate”, l’arte e infine un elemento della natura.
Alcuni spunti tratti dalla realtà esistono, ad esempio, in alcuni personaggi minori che a, a loro insaputa, entrano nei miei romanzi come è accaduto in “Un paese perfetto”.
- Quanto c’è di Te nei personaggi che animano i tuoi libri? Quanto riesci a trasmettere ai tuoi personaggi, siano essi protagonisti o minori?
Nella creazione delle trame e dei personaggi l’anima dell’autore ci deve essere per forza. Nel modo di esprimersi, di affrontare una materia o di proporre una riflessione. Come dicevo alcuni personaggi minori derivano proprio dall’osservazione della realtà. Alcune scene anche in “Un paese perfetto” nascono da questo tipo di approccio. Del resto io prediligo la scrittura che, definirei didascalica, come forma di allenamento, cioè l’elaborazione di una descrizione o di un’emozione rispetto a un’immagine reale. È il mio modo migliore con cui riesco a placare l’istinto e il bisogno di scrivere e la necessità della prosa-lirica.
- Che cosa significa per Te la ‘scrittura’ e che ruolo o missione le dai?
Io parto dall’istinto, quindi da un approccio sincero alla scrittura e poi verifico con la rilettura la presenza dell’emozione. Captare un turbamento o una trepidazione è importante perché rappresenta un indizio che anche il lettore possa avere una percezione simile. Oltre a ciò ricerco molto nei miei romanzi degli spunti di riflessione importanti e incisivi su cui porsi delle domande. Non credo che i romanzi debbano dare risposte ma riuscire disperatamente a porre il lettore di fronte a degli interrogativi per capire quali siano le sue scelte.
- Cosa rappresentano per Te i tuoi libri?
I miei libri rappresentano il coronamento di una passione, magari anche di un’attitudine. Ma anche tutta la capacità di espressione accumulata attraverso l’esperienza personale e la capacità di discernere le essenze percepite. La passione è il pungolo essenziale per la realizzazione di un forte interesse anche se da sola non basta. C’è bisogno, poi, della ricerca, dell’osservazione, della curiosità e infine di tanto lavoro. Alla fine di tutto questo percorso ogni libro è una grande soddisfazione: sapere di aver creato qualcosa di indistruttibile.
- Si dice che chi scrive debba leggere, o aver letto, molto. Il tuo rapporto con la lettura.
Mi vengono in mente I Tre Moschettieri, Ventimila leghe sotto i mari e altri libri che ho letto da bambino. Mi sono sempre appassionato ai romanzi di ogni genere proseguendo sempre nella lettura con periodi di grande fervore e alcuni altri meno. Negli ultimi anni ho incrementato molto tale interesse attraverso i classici e autori che hanno fatto la storia della narrativa. Se devo essere sincero a volte mi dispiace che lo scrivere sottragga del tempo alla lettura.
- Esiste un libro o un autore che ami più di altri?
Esiste qualche autore come Italo Calvino che ho tanto apprezzato e che credo proponga letture imprescindibili per “giovani autori”. Poi ci sono alcuni classici che ti rimangono nell’anima, posso nominare Dostoevskij e Buzzati con Delitto e castigo e Il deserto dei Tartari. Ma anche Baricco, Sepulveda, Saramago ci hanno regalato veri capolavori. Più che uno scrittore vorrei indicare un libro di un autore le cui vicende mi hanno sempre attratto. Un libro in cui la poesia in maniera illuminante e feroce racconta una storia di degrado e di miseria dell’Italia del dopoguerra: Ragazzi di vita Pier Paolo Pasolini.
- L’ultimo libro che hai letto? Qual è e a quando risale?
L’ultimo, terminato una decina di giorni fa, è un libro particolare e forse poco noto di Iosif Brodskij dal titolo “Fuga da Bisanzio”. Un romanzo costituito in parte da racconti delle sue memorie giovanili e da riflessioni sulla storia della civiltà, che tocca l’imperatore Costantino, l’Islam, la storia della Russia con uno stile peculiare e gradevole.
- Negli ultimi tempi si sta riscoprendo il valore e l’importanza della lettura, molte sono le iniziative di biblioteche e centri di lettura volte a coinvolgere anche i bambini. La tua opinione a riguardo.
Invogliare alla lettura sin dall’infanzia credo sia molto importante per indirizzare i bambini verso la scoperta di un mondo parallelo e magnifico. La lettura credo, abbia tra le sue funzioni anche quella di educare oltre che di far apprendere. Ovviamente si deve trattare di letture che abbiano un approccio anche pedagogico. Cercare di orientare i bambini prima e i giovani poi alla cultura non è mai un intento sbagliato per cui ben vengano simili iniziative.
- Ti sei mai impegnato o cimentato in eventi o progetti del tipo “Leggere ad Alta Voce” oppure “letture per i bambini?”
Per il momento non ho avuto esperienze di questo tipo ma potrebbe essere sicuramente interessante. Confrontarsi con la curiosità dei bambini credo sia un’esperienza davvero stimolante.
- Infine, prima di salutarci, se puoi lasciare ai nostri lettori un “buon motivo” per leggere i tuoi libri.
Questa domanda si collega col significato della scrittura. Per cui i lettori troveranno alla base dell’afflato l’elaborazione di un istinto sincero. Poi proseguo con la verifica relativa alla percezione dell’emozione che è un momento fondamentale. Intanto procedo a una meticolosa ricerca con la quale strutturare le frasi. Cerco di metterci tutta l’attenzione e la profondità che ne deriva oltre all’accuratezza dei dettagli. Oltre a ciò inseguo il modo di sorprendere in maniera positiva il lettore attraverso le realtà, le realizzazioni o le disillusioni raccontate. Cercare una originalità nella scrittura e nelle dinamiche di un romanzo è un intento fondamentale. A volte leggendo un libro iniziamo a sperare che la vicenda vada a finire in un certo modo e invece ci troviamo di fronte a delle svolte impreviste. Questo, però, finisce per creare un impatto emotivo verso il racconto molto forte.
Spero che il lettore riconosca questa strenua ricerca stilistica ed emozionale e poi, alla fine potrà scegliere se appassionarsi alla trama, ai personaggi, attendere con ansia e speranza l’epilogo oppure proseguire esplorandone anche i significati e le riflessioni che cerco di proporre.
Grazie mille!
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