La scoperta delle risorse importanti che ciascuno possiede e che la scuola deve favorire attraverso percorsi personalizzati e qualificati: questo il messaggio veicolato dalla ottava fiaba contemporanea contenuta nella raccolta intitolata Oltre la fiaba di Elena Opromolla, edita dalla Multimage.
C’era una volta un bambino apprendista inventore, disegnatore creativo, sempre sorridente, allegro e divertente.
In casa quando c’era lui non si capiva mai niente; amava fare tanti esperimenti con la farina, il sale, lo zucchero, il cacao, la segatura, la cera molle e tutto quanto gli capitava a tiro.
Tutti i giorni andava a scuola nel paese di Adultilandia. I compagni di scuola di Smaill erano felici solo quando c’era lui. Le maestre però non esultavano, perché le sue risate, i suoi gridolini e la sua euforia deconcentravano gli alunni e rendevano più pesante il loro lavoro.
Adultilandia era un paese freddo ed innaturale, pieno di palazzi e senza spazi verdi e, così freddi, erano diventati i suoi abitanti. Tutti erano nervosi e assorti in mille pensieri; pronti a rispondere con malagrazia; sempre a correre per arrivare primi, fino al punto da non guardarsi più in viso, per accorgersi se una persona era triste o allegra; senza più guardare il cielo, per scoprire s’era uggioso o sereno.
Solo Smaill riusciva a divertirsi e a divertire i suoi compagni, perché era molto amato dai suoi genitori, rapiti da quei suoi sorrisi disarmanti, ma questo le sue insegnanti, davvero un po’ stanche, non riuscivano a capirlo.
Un giorno Smaill perse il sorriso e tutto intorno si colorò di grigio. Durante i giorni felici e solari della bella stagione, Smaill si era occupato di un gattino un po’ spelacchiato e, a dir la verità, malandato; gli aveva portato il cibo ogni sera e, quando non aveva potuto farlo, aveva incaricato due anziani coniugi inglesi dirimpettai, affettuosi e disponibili con Smaill.
Spesso il bambino aveva chiesto alla mamma ed al papà di portarlo in città, ma il giorno della partenza i suoi genitori furono determinati a dirgli di no, perché Smaill aveva già una gattina a cui badare: Chicca.
La scuola iniziò e finalmente in classe tutto procedeva regolarmente.
Nessuno più disturbava: le lezioni si susseguivano, ma i bambini sbadigliavano, mentre le maestre spiegavano.
Smaill era triste e non divertiva più nessuno e, piano piano, le sue insegnanti cominciarono a preoccuparsi per lui.
Si diedero un gran da fare per aiutare il loro alunno: parlarono con i genitori; chiamarono alcune persone specializzate per i problemi dei bambini; gli organizzarono una festa, ma niente di tutto questo valse a fargli fare il minimo sorriso.
Smaill sembrava ormai perso nei suoi pensieri, in un mondo che solo la sua passione per il disegno riusciva ad illuminare.
Infatti, quando disegnava, si concentrava a tal punto che nulla più lo distraeva. Era bello guardarlo, finalmente, quieto, stabile, sereno; lui che non si stava mai fermo, quando disegnava s’incantava,
e trasferiva sul foglio immacolato le sue fantasie, le sue visioni infantili, i particolari della realtà
che ad un adulto sfuggivano.
Spesso mostrava ad un vicino di casa i suoi piccoli capolavori ed il Signor Ammirato
lo lodava e sorrideva, vedendo in lui, forse, quei nipotini che spesso non poteva incontrare.
Un giorno gli regalò dei pennarelli pregiati ed un album, sul quale lui stesso aveva scritto: – All’artista in erba -.
Un giorno Smaill, vide in suo disegno, un uccello variopinto, dalla coda lunga e soffice, uscire dal foglio e volargli accanto, per poi volteggiargli sul capo; il bambino lo seguì con gli occhi, mentre una piccola tartaruga fece capolino fuori dal foglio colorato, e, guardandolo sorpresa, fece qualche passo sfiorandogli il piedino; Smaill emise un grido, ma poi le si avvicinò e le accarezzò il guscio robusto ed affascinante; gli sembrava di dura plastica modellata, simile a qualche suo giocattolo.
La testa da vecchierella della testuggine lo guardò con quella sua aria sonnolenta e gli sbadigliò sul viso il desiderio di un pisolino, dopo quella escursione nel mondo degli umani.
L’uccello, intanto, gli si posò sulla spalla e, cinguettando, gli parlò. -Domani ti porterò il tuo gattino e così lo potrai vedere ogni volta che vorrai!
Detto ciò rientrò nel foglio e vi rimase immobile, mentre la madre, urlando per l’ennesima volta, lo chiamò per il pranzo:
-Smaill !!! A tavola!!!
II bambino un po’ intontito raggiunse la cucina col viso stranito, consumò il pranzo e ritornò a disegnare animali di ogni tipo, mischiando ali, zampe e creste. Passò quella giornata e giunse l’indomani.
Questa volta a scuola Smaill, durante la lezione di matematica, terminati gli esercizi, scarabocchiò un disegno nell’angolo del foglio, mentre sempre più lontana udiva la voce stridula dell’insegnante. L’uccello variopinto riapparve, uscito quasi per magia dal solco nero della matita, si fermò questa volta sul banco, seguito poi da una lucertolina, un serpentello, un riccio, una libellula e una rana.
Uscirono in fila indiana e camminarono sul banco, si guardarono intorno per nulla intimoriti da tutti quei bambini, che però non si accorsero di loro.
All’improvviso dal foglio bianco uscì, miagolando, anche il gattino spelacchiato e un po’ malandato che gli disse: – Perché te ne sei andato?
Smaill allora sorrise raggiante, afferrandolo e stringendolo forte a sé senza badare più a niente, senza seguire più la lezione. Le maestre lo trovarono così, addormentato, mentre sul foglio a quadretti, apparvero disegnati tutti quegli animaletti, fatti così bene da sembrare veri.
Allora le insegnanti ebbero un’idea: “Perché non costruire, nel giardino della scuola, un’area verde attrezzata con recinti e voliere per accogliere, gattini, cagnolini ed uccelli smarriti o abbandonati?” II signor Ammirato fu interpellato e per Smaill avrebbe fatto di tutto, poiché l’amava come un nipotino; parlò con il direttore, con il dottore e l’ispettore, poiché era del settore, per realizzare quel favoloso progetto.
Un giorno Smaill andò a scuola e vide nell’area verde che la circondava tante voliere, recinti ed un laghetto pieni di animali e la sua gioia fu così grande che ritornò a sorridere, mentre i suoi compagni ripresero a studiare con piacere, soprattutto perché le scienze furono studiate all’aperto.