Per la nostra mini-rubrica “SorprendenteMente” voglio riportarvi un pezzo che scrissi qualche anno fa in occasione dell’intervento che mi fu chiesto di fare sul tema dei ricatti in rete. Purtroppo attualissimo e sempre più pericoloso. Il “sextortion”.
“Sextortion” è un termine coniato dagli anglofoni, tramite sovrapposizione di parole, per sintetizzate il concetto relativo ai ricatti sessuali: sex (sesso) + extortion (estorsione).
Come si arriva a tutto ciò? Semplice: si fa leva sulle debolezze dell’ego.
Ma procediamo con ordine e snoccioliamo la questione: in pratica, detto in parole povere, accade spesso in questo modo.
Una persona avvenente (ragazza o ragazzo), contatta la “vittima” in rete (il più delle volte utilizzando i social) e comincia un’interazione apparentemente piacevole ed innocua. Appena acquistata fiducia, chiederà di rendere più intima la conoscenza fino ad arrivare a proporre un incontro hot virtuale con l’aiuto di webcam o foto (sexting) . A questo punto la trappola virtuale diventa reale in quanto, con il materiale ottenuto, la persona avvenente, gentile e simpatica conosciuta in rete, diventerà un incubo perché, nella migliore delle ipotesi, chiederà soldi in cambio della promessa di non diffondere il suddetto materiale.
Ho scritto “vittima” tra virgolette perché, in questo caso, si può scegliere di non diventarlo osservando delle accortezze dettate anche dal cosiddetto buon senso.
Le attenzioni di qualcuno, specie se di bell’aspetto, sono fonte di gratifica e /o lusinga: questo collude con il desiderio egoico di piacere che, una volta stimolato, inibisce la lucidità in merito alle considerazioni relative al contesto ed alle conseguenze.
I truffatori sono abili nel carpire i bisogni emotivi dell’interlocutore, soprattutto utilizzando le sue parole e le confidenze ottenute nel periodo di “conoscenza” virtuale. In pratica, ad esempio, se si condivide un’esperienza precedente con un partner poco presente o poco attento, il truffatore si travestirà da romantico amante appagando, così, anche la rappresentazione mentale di “uomo ideale”. Allo stesso modo utilizzerà identità adatte a sopperire qualunque bisogno, facendo leva sulle debolezze umane: se avverte l’altrui bisogno di comprensione, si mostrerà una persona molto sensibile, capace di ascoltare, adulerà l’essere e fingerà di voler incrementare l’autostima del malcapitato facendogli credere di dargli enorme considerazione.
Quanto scritto è solo uno degli innumerevoli esempi che si potrebbero fare, ma lo scopo resta unico: intrappolare la persona “prescelta” e guadagnare sul suo disagio tramite ricatto.
I sentimenti di vergogna, umiliazione ed impotenza, generano paura e questa, spesso, non aiuta a risolvere in maniera adeguata la situazione.
Allora cosa fare se si è già caduti in trappola?
NON bisogna pagare: dopo aver fatto uno screenshot del profilo del ricattatore e delle conversazioni in chat, occorre bloccarlo ed aumentate i livelli del controllo della privacy; segnalare l’utente per truffa, rivolgersi ad esperti ed avvisare la polizia postale; se si è finiti su youtube, è bene segnalarlo immediatamente in modo tale che il suddetto canale possa provvedere alla rimozione.
GLI ADOLESCENTI ne parlino immediatamente con un adulto di riferimento (genitore, insegnante, psicologo)
Ma “prevenire è meglio che curare”: ci sono piccoli accorgimenti per evitare questo ed altri pericoli
In generale, bisogna essere cauti, specie con gli sconosciuti e selettivi con il materiale personale che si vuole condividere in rete: bisogna essere consapevoli del fatto che le immagini lanciate in rete vi resteranno.
Se si conosce qualcuno in rete, con cui non si hanno amicizie in comune, è bene accertarsi della veridicità del profilo: è importante fare attenzione ai particolari, quali foto, numero ed immagini degli amici che compaiono nel suo profilo e, soprattutto, il linguaggio che utilizza. È opportuno evitare di fornire informazioni sulla propria abitazione, le proprie abitudini ed invece notare come e quando queste informazioni vengono richieste.
I GENITORI dovrebbero cercare di osservare i segnali di disagio e di preoccupazione dei figli (questo vale sempre!) ed affrontare con loro discorsi sui pericoli del web evitando di lasciarli da soli per troppo tempo davanti al p.c.
Confidando nell’efficacia di quanto detto finora, concludo ricordando l’importanza di essere onesti con se stessi e, a tale proposito, cito una frase di C.G. Jung: “non credere mai a tutto quello che ti racconti”