La contaminazione tra le attività del Ministero della Pubblica Istruzione e quelle del Ministero della Difesa costituisce da tempo campo di indagine e ricerca da parte dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.
I rapporti che intercorrono oggi tra i due comparti istituzionali predetti si sono intensificati nel tempo negli ultimi dieci anni, destando non poche preoccupazioni in tutti coloro che si professano nonviolenti e che considerano la scuola e l’università luoghi di incontro pacifico e privilegiato, per la formazione umana e professionale, immuni da ogni finalità bellicistica.
Platone nella sua opera “La Repubblica” ipotizza uno stato ideale posto sotto la guida dei filosofi, in cui non c’è spazio per Omero, autore dell’Iliade, pregevolissima ed impareggiabile opera incentrata sulla guerra tra Greci e Troiani: farvi accedere il grande aedo sarebbe stato come ammettere la indispensabilità della guerra, quale strategia di difesa e di attacco.
Il Ministero della Pubblica Istruzione include tutte quelle attività che riguardano la formazione dei minori che diverranno cittadini del domani.
Nella formazione umana e culturale non rientra pertanto l’obiettivo di educare all’annientamento del prossimo, ma si insiste anche e soprattutto sull’educazione alla diversità ed all’inclusività.
Nella nostra Costituzione all’art. 11 si legge che la guerra di aggressione e quella di difesa degli interessi nazionali sono ripudiate.
L’Italia è uscita dall’ultimo conflitto distrutta e malconcia, e per la sua alleanza con la Germania nazista e per la sottoscrizione delle leggi raziali, la cui memoria deve servire come monito a non incorrere mai più in una vergogna ignominiosa.
I Padri della nostra Costituzione, reduci tutti dalla velenosa esperienza della guerra 1940/45, hanno redatto la carta d’identità politica del nostro Paese, definendone le caratteristiche e le finalità repubblicane. Sandro Pertini, come Piero Calamandrei e Bernardo Mattarella, padre del nostro Presidente della Repubblica, ne hanno cesellato gli articoli, forgiandoli con la loro esperienza, affinché mai più il popolo italiano potesse vivere l’abisso della violenza inferta e subita in guerra.
La presenza delle forze armate della polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria, della Polizia Locale nelle scuole non era una novità, ma da alcuni anni tale presenza è aumentata fuori e dentro di esse.
Secondo le ricerche dell’Osservatorio contro la militarizzazione della scuola e dell’università, sono aumentate nel tempo le conferenze, tenute da uomini e donne in divisa, inerenti la sicurezza, la legalità e la promozione professionale del proprio corpo di appartenenza ed innumerevoli sono diventate le visite di studenti in caserme e basi militari, per cerimonie e/o iniziative promozionali o per attività collegate al PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) nelle scuole superiori.
“Dal 2014 in poi sono stati sottoscritti numerosi e preoccupanti protocolli tra il Ministero della P.I. e quello della Difesa, in base ai quali percorsi progettuali in tutti i campi didattico disciplinari sono stati affidati ai rappresentanti delle forze armate.”
Nel 2017 il Ministero della Difesa e del Lavoro firmavano accordi di mutua collaborazione nell’ambito dell’alternanza scuola lavoro, mentre il MIUR concordava con l’Arma dei Carabinieri e la Marina Militare convenzioni tra il 2019 e il 2023.
Probabilmente l’intensificazione dei rapporti tra FF.AA. e il Ministero della P.I. trova una spiegazione nel fatto che la scuola si prefigura come bacino privilegiato da cui attingere personale.
Le FF.AA. sono diventate così nel tempo un àmbito occupazionale molto ambìto proprio dagli adolescenti, affascinati evidentemente dall’uniforme, dalla disciplina e dallo sbocco lavorativo che esse offrono, seppur attraverso rigide e severe procedure di arruolamento.
Ignazio La Russa, attuale Presidente del Senato della Repubblica Italiana, ha ipotizzato addirittura l’istituzione di una “mini naja” collegata ai crediti scolastici, facilitante l’inserimento nel mondo lavorativo: una prospettiva inquietante che lega sempre più la scuola al mondo militare.
La scuola così sta risentendo molto del processo di aziendalizzazione, perché deve formare sempre più forza lavoro e sempre meno persone portatrici di cultura e di valori.
E cosa dire del costante aumento delle spese militari e della produzione e vendita di armi?
Dalle ricerche operate dall’Osservatorio contro la militarizzazione della scuola e dell’Università emerge la posizione nettamente antimilitarista in ambito pedagogico della Germania. L’organizzazione sindacale tedesca GWE (Gewerkschaft, Erziehung und Wissenschaft) che raccoglie 280.000 iscritti del settore dell’educazione, della ricerca e del lavoro sociale e di cura, afferma.” La formazione presso i soldati e le soldatesse significa educare ad uccidere.” La GWE segnala la falsità della retorica delle operazioni di pace che non sono altro che operazioni militari ed unitamente a Terres des hommes e altre agenzie non governative tedesche ha lanciato una campagna contro le iniziative di sensibilizzazione verso le FF.AA. dirette agli studenti tra i 16 e i 17 anni, trattandosi di attività di reclutamento che violano la Convenzione Internazionale dei diritti del fanciullo approvata a New York il 2 novembre del 1989.
“L’operato delle Forze Armate è storicamente in contrasto con i contenuti e lo spirito della Costituzione: lungi dal porsi come mezzo di difesa del popolo italiano e della pace è stato strumento di aggressione di altri paesi e di altri popoli (dalle guerre di invasione coloniale in Africa durante l’800 e il 900, passando per le Guerre Mondiali fino alle cosiddette missioni umanitarie o di mantenimento della pace e delle guerre volute dagli USA e dalla Nato negli ultimi trent’anni.)” E’ quanto emerge dagli studi dell’Osservatorio contro la militarizzazione della scuola e dell’Università.
I bambini devono essere educati alla pace, al pensiero critico ed alla solidarietà, pertanto nella scuola non deve esserci spazio né per l’addestramento né per l’accettazione acritica dell’esistente.
Ci sono voluti circa settant’anni per dissolvere l’etica dell’obbedienza e l’intensificarsi dei rapporti tra il Ministero della P.I. e il Ministero della Difesa comincia a preoccupare chi invece è cresciuto nella libertà, nel rispetto delle regole democratiche, abiurando la violenza nelle sue bieche forme e mutazioni.
Ringraziamo l’Osservatorio per questo lavoro d’indagine critica e per il Vademecum fornito a tutte le componenti della scuola, per contrastare in esse la crescente presenza militare. Partendo dalla centralità degli organi collegiali e democratici della scuola, attraverso cui devono passare l’intero lavoro didattico, le attività, le iniziative e i progetti della programmazione scolastica e della offerta formativa, è fondamentale intervenire pacificamente contro la tendenza alla militarizzazione delle scuole, per decidere se vogliamo i militari a scuola oppure no, se vogliamo favorire una pedagogia della guerra oppure della pace, se vogliamo formare all’acquiescenza nei confronti dell’esistente oppure, un reale pensiero critico e divergente.
Il documento redatto dall’’Osservatorio è corredato da modelli di mozione da presentare nei collegi dei docenti, opzioni di minoranza, diffide per genitori e studenti ai dirigenti, che potranno essere richiesti agli indirizzi sotto riportati.
Elena Opromolla
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