News – Dopo il virus la sfida si chiama Long Covid, e tocca una quota di pazienti -oscillante tra il 15 e il 30% che si portano dietro anche per mesi sintomi e effetti persistenti, “non completamente spiegabili”. Un numero crescente di casi, con cui i servizi sanitari dovranno confrontarsi a ogni latitudine. Ad accendere i riflettori sul problema è stato l’immunologo e consigliere scientifico della Casa Bianca, Anthony Fauci, al Congresso di Firenze dei medici internisti ospedalieri di Fadoi (Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti), che gli hanno conferito il premio ‘Internal Medicine Research Award 2021’.
“Ci sono anche condizioni post Covid-19 – ha spiegato, secondo quanto riportato in una nota diffusa da Fadoi – spiegabili con la disfunzione residua degli organi, dovuta al danno, come quello polmonare, che porta ad anomalie della funzione. Tuttavia, dal 15 al 30% circa di individui ha una persistenza di segni e sintomi, da settimane a mesi, che non sono completamente spiegabili”.”Alcuni di quelli riportati come Long Covid sono affaticamento estremo, a volte debilitante, inspiegabile mancanza di respiro, dolori muscolari, disautonomia”, cioè malfunzionamento del sistema nervoso, “caratterizzata da sbalzi della temperatura e tachicardia inspiegabile, disturbi del sonno, depressione e ansia, e una condizione molto curiosa denominata ‘nebbia del cervello’, che provoca nelle persone difficoltà a focalizzare o concentrare i propri pensieri”, ha illustrato il super esperto.A fronte di questi problemi clinici segnalati da Fauci e confermati anche dagli esperti italiani, Dario Manfellotto, presidente Fadoi, ha spiegato che “l’idea di presa in carico” dei pazienti post-Covid “messa a punto dai medici internisti della Federazione è stata quella di istituire dei day hospital, non solo terapeutici ma anche diagnostici”.Questo modello, ha proseguito Manfellotto, “grazie all’apporto multidisciplinare dei diversi specialisti medici consente il follow up dei pazienti che sono passati per il Covid. Il tutto seguendo la molto più snella lista di attesa intraospedaliera. Un modello poi esportato in larga parte delle regioni italiane, rivelatosi efficace per una malattia sistemica come Covid-19, ma che può altrettanto esserlo per fronteggiare quell’emergenza permanente che è la gestione delle policronicità”.