Il conflitto israelo palestinese ha dipinto col sangue gli ultimi settantacinque anni della Storia Contemporanea, da quando nel 1947 l’ONU riconobbe agli ebrei e agli arabi di stabilire uno stato indipendente nel territorio a ciascuno assegnato, all’interno di un’area corrispondente all’antica Palestina.
Per poter tentare di comprenderne le ragioni è necessario tracciare le linee guida di un processo storico che ha determinato un conflitto che sembra non conoscere soluzione e che affonda le sue radici agli albori delle antiche civiltà dell’EVO Antico.
Abramo, secondo l’Antico Testamento, è stato il patriarca degli ebrei e degli arabi, in quanto ha avuto in età avanzata due figli: Ismaele, capostipite degli arabi, dalla schiava Agar, e Isacco dalla moglie Sara, progenitore degli ebrei.
Al fine di evitare che Isacco e Ismaele potessero litigare da adulti per questioni ereditarie, Abramo provvide ad allontanare quest’ultimo.
Abramo è divenuto il capo carismatico politico e religioso degli ebrei, in origine politeisti e nomadi. Scelto da Dio per la sua fedeltà diviene il fondatore del monoteismo. Sarà proprio lui a guidare il suo popolo, prediletto da Dio, verso la Terra Promessa, ovvero in Palestina. Abramo risponde dunque alla chiamata e accetta di sacrificare a Dio il suo unico figlio, Isacco: questa sarà la dimostrazione tangibile della sua fede.
Genesi 22:16-18 Io giuro per Me Stesso, dice Jahvè, che, siccome tu hai fatto questo e non M’hai rifiutato il tuo figliuolo, l’unico tuo, Io certo ti benedirò e moltiplicherò la tua progenie come le stelle del cielo e come la rena ch’è sul lido del mare; e la tua progenie possederà la porta de’ suoi nemici. E tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua progenie, perché tu hai ubbidito alla Mia voce.
Durante il regno di Babilonia e sotto l’Impero Romano di Tito nel 70 d.C. il popolo ebraico subì la dispersione ovvero la diaspora, fondando in altre terre, come l’Egitto e Roma, comunità che comunque mantennero rapporti con la madrepatria, occupata nel corso dei secoli da popolazioni per lo più arabe.
Durante il secolo XIX un gruppo di studenti russi BILU appartenenti ad un movimento denominato, “Amici di Sion”, si stabilirono in Palestina, in villaggi e comunità agricole e nel 1882 ottennero l’aiuto di Edmond James Rotschild, banchiere francese e faccendiere per la nazione ebraica.
Lo Stato di Israele attuale ha avuto origine dunque dal Sionismo e dal disfacimento dell’Impero Ottomano.
Il termine Sionismo deriva da Sion, il monte sacro dove sorgeva e sorge Gerusalemme, in cui si trova la roccia destinata al sacrificio di Isacco.
Il Sionismo è quindi un movimento di rinascita politica ebraica sorto alla fine del XIX secolo.
Deve il suo nome allo scrittore BIRMBAUN (1864/1937), che ne definì lo scopo con il ritorno degli ebrei a Sion tramite la creazione di un Partito Sionista, al di sopra dei partiti esistenti, e non più in virtù del credo religioso.
Il ritorno degli ebrei in Palestina, ovvero a Sion, fu propugnato da tanti pensatori ebrei, ma solo con il libro programmatico, Lo stato ebraico. Una soluzione nuova a un problema antico, edito nel 1896, e la convocazione da parte dello scrittore, commediografo e giornalista viennese, Theo Herzl, del primo congresso sionista della storia nel 1897 a Basilea, il movimento ebbe un inizio pratico ed effettivo.
Herzl fu scosso dal processo di Alfred Dreyfus, Capitano di Stato Maggiore ebreo accusato ingiustamente di alto tradimento, e dai pogrom russi, sommosse sanguinose contro gli ebrei. Quindi il primo congresso sionista delineò un programma per la creazione di una sede nazionale del popolo ebraico in Palestina garantita dal diritto internazionale.
E’ da sottolineare però che all’interno del Movimento Sionista emersero subito divergenze profonde che avrebbero condizionato il Sionismo stesso e lo Stato d’Israele da esso creato.
Contro il Sionismo politico di Herzl si levò dapprima quello religioso, spirituale di Ahad haham (1856-1927), sostenitore di una rinascita morale laica dell’ebraismo, come precondizione a quella politica. Poi il Sionismo socialista, che subordinava la rinascita nazionale alla purificazione della società anormale ebraica, attraverso il lavoro manuale. Il sionismo venne subito combattuto sia dagli ebrei assimilati, che vedevano in esso una minaccia alla legittimità della loro appartenenza ad altre nazioni, sia dalla stragrande maggioranza degli ebrei ortodossi, che ravvisavano una rivolta laica contro la tradizione religioso- nazionale.
Nel 1917 in seguito a trattative tra H. Weizmann ed il governo inglese, dichiarazione di Balfour, l’Inghilterra si dichiarava favorevole alla creazione e allo sviluppo in Palestina di una sede nazionale ebraica, salvi restando i diritti dei non ebrei in Palestina e degli ebrei assimilati. Questa dichiarazione fu un passo decisivo verso la realizzazione del Sionismo.
Nei trent’anni che seguirono di mandato inglese in Palestina l’affermazione della sede ebraica fu ostacolata molto dagli arabi e dagli stessi inglesi. Nonostante ciò il numero delle colonie aumentò con la bonifica di vari territori aridi e spopolati, la costruzione di villaggi e città; si affermò l’ebraico come lingua e l’università di Gerusalemme divenne un centro propulsore della scienza e della letteratura ebraica. Le difficoltà maggiori derivarono dalla restrizione dell’immigrazione dai vari paesi europei a causa delle persecuzioni naziste.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale l’Inghilterra 1947 rinunciò al mandato e l’ONU con la partizione del territorio riconobbe il diritto di ebrei ed arabi a stabilire uno Stato indipendente nel territorio a ciascuno assegnato e nel 1948 fu costituito lo Stato d’Israele.
Fine prima parte.