News – Non arrivano buone notizie dal report Istat sui livelli di istruzione (anno 2020) nel nostro Paese. Non solo il dato sui laureati, ancora troppo pochi: a preoccupare sono soprattutto i numeri sull’abbandono scolastico, si tratta di oltre mezzo milione di giovani. Nello specifico, in Italia, solo il 20,1 per cento della popolazione di età 25-64 anni ha una laurea contro il 32,8 per cento nell’Ue. Non va meglio per i diplomati che, in Italia, sono il 62,9 per cento (+0,7 rispetto al 2019) contro il 79 per cento nell’Ue. Insomma, un valore inferiore rispetto a quello medio europeo. Le quote di laureati sono più alte al Nord (21,3 per cento) e al Centro (24,2) rispetto al Mezzogiorno dove le percentuali scendono al 16,2. Il 13,1 per cento di 18-24enni ha abbandonato precocemente il sistema di istruzione e formazione. Nel 2020 la quota di giovani che ha lasciato gli studi prima del tempo è pari al 13,1 per cento per un totale di 543 mila giovani, in leggero calo rispetto all’anno precedente. L’abbandono scolastico caratterizza i ragazzi (15,6 per cento) più delle ragazze (10,4 per cento), meno al Nord e centro (con 11 e 11,5 per cento), più al Sud con il 16,3. Tra i giovani con cittadinanza non italiana, il tasso di abbandono precoce degli studi è più di tre volte superiore rispetto a quello degli italiani: 35,4 contro l’11.
Ancora poche laureate nelle materie Stem
Il 24,9 per cento dei laureati tra i 25 e i 34 anni ha una laurea nelle aree disciplinari scientifiche e tecnologiche. Il divario di genere è importante: la quota sale al 36,8 per cento tra gli uomini – oltre un laureato su tre – e scende al 16 tra le donne. Dunque, una laureata su sei. Ancora una volta la condizione socio-economica della famiglia di origine influenza l’abbandono scolastico. Chi lascia gli studi viene soprattutto da genitori che hanno al massimo la licenza media o esercitano una professione non qualificata o non lavorano. Il dato 2020, infine, conferma come la crescita della popolazione laureata in Italia sia più lenta rispetto a quella degli altri Paesi dell’Unione: l’incremento è di soli 0,5 punti nell’ultimo anno, meno della metà della media Ue che è all’1,2.