News – D.: Da dove nasce la tua raccolta? Il tuo lavoro si può definire una raccolta di poesie?
R.: Universi di(versi) è un insieme di poesie e riflessioni che nasce dalla necessità di raccontare come possa essere sorprendente ma anche difficile e caotica la convivenza. Non con un altro essere umano, ma con tutte le parti – che io vedo come tanti piccoli assoluti – che abitano e necessariamente devono convivere dentro di me e che qualche volta (spesso, per la verità) agiscono autonomamente scavalcando le altre, facendo danni e creando scompiglio, proprio come accade in un condominio quando si fanno le consuete riunioni. Ho immaginato che tutte queste piccole “me” siano come dei piccoli universi che a volte viaggiano insieme senza intralcio, altre fanno fatica a parlarsi o vogliono cose diverse o – peggio – non vanno affatto d’accordo. Ascoltandole e lasciando che ognuna di esse giochi a suo modo con le parole per esprimersi portando alla luce il proprio universo, chissà che non riuscirò anche a prendere ciascuna per il verso giusto!
D.: Da dove sei partita, da quale idea o riflessione? Qual è l’ispirazione alla base delle tue poesie? E il titolo? Perché?
R.: Il filo conduttore delle mie riflessioni, risponde appunto all’esigenza di dare voce alle tante parti di cui siamo fatti. Il titolo del libro nasce da questo motivo e, nella poesia che lo racchiude, che si chiama appunto “Universi di(versi)” (e che ti scrivo a fine risposta) ho scelto un’immagine in particolare per dirlo: il fiume.
In effetti come fiumi siamo tutti in continuo divenire, soggetti a cambiamenti… e tutti quelli che viviamo all’esterno e a cui in qualche modo dobbiamo adattarci, come ad esempio il distanziamento sociale cui ci obbliga ancora la pandemia in corso, inevitabilmente agiscono cambiando qualcosa anche nei nostri aspetti interni, ed ecco allora che i fiumi di cui siamo fatti deviano e disegnano letti diversi da percorrere, pur ritrovandosi poi nello stesso mare.
Universi di(versi)
Noi: rari frammenti dispersi.
Noi: tanti universi introversi.
Noi: tutti labirinti senza scia,
perché fiumi di(versi).
D.: La copertina sembra richiamare un lavoro dedicato ai bambini, è così? Chi ha scelto l’immagine? E di chi è opera? Chi sono i tuoi lettori? A chi è rivolto il libro?
R.: Ho voluto fortemente la copertina del libro come la vedete ora, pur sapendo che non fosse propriamente “adatta” a un libro di poesie per adulti. L’ho scelta in accordo al titolo e al contenuto di “Universi di(versi)” proprio perché fosse leggera e colorata, perché credo fermamente in quel che ci dice Calvino, che la leggerezza non sia superficialità ma ci possa invece aiutare a vivere, o a raccontare le cose della vita, planando su di esse dall’alto senza per forza dover ricorrere a macigni sul cuore. Ho potuto realizzarla grazie all’aiuto di Diana Laudando, illustratrice irpina che ha curato oltre alla copertina anche le illustrazioni all’interno del libro. Sarebbe bello non smettere mai di prendersi cura del proprio sé bambino, e usare la creatività in ogni sua forma per riuscire a trasformare tutto ciò che nei nostri universi diversi viviamo. Forse ci troveremmo per paesaggi meno logici e decifrabili ma, vuoi mettere la bellezza del panorama?
Quindi, in definitiva, posso risponderti: sì, hai ragione! Sembra essere un libro per bambini ma non lo è. Oppure sì, se siete bambini da tutta la vita!
D.: Come e quando ti sei approcciata alla poesia come stile, genere letterario? Quanto il teatro incide sui tuoi scritti? Come e quando nasce il tuo libro?
R.: Per imparare a conoscermi e ad accettarmi ho sempre dialogato molto con me stessa, forse molto più che con gli altri. Allo stesso tempo il mio percorso teatrale mi ha insegnato quanto difficile e preziosa sia la semplicità, ovvero quella capacità di esprimersi restando semplici. Mi ricordo che da bambina quando mi sentivo molto felice, o di contro, quando avevo paura o mi sentivo preoccupata, prendevo a canticchiare i miei pensieri: qualunque cosa stessi facendo o vedessi in quel momento, beh io la canticchiavo. E chi mi conosce sa che, ahimè, lo faccio ancora adesso! Credo che la poesia, la filastrocca e la rima mi riportino in qualche modo direttamente in quella dimensione di libertà e gioco, togliendomi di torno il ronzio della mia amatissima nemica mente.
E’ stato un periodo molto difficile per tutti a causa della pandemia. Ci troviamo ancora, a dirla tutta, in una condizione di continua emergenza in cui tutto ciò che prima di questo periodo pensavamo di conoscere o di fare in un modo ora appare da rivisitare. Il mio settore, quello dello spettacolo dal vivo è stato fortemente penalizzato, potrei quasi dire paralizzato. Lungamente. Ho deciso allora di non rinunciare a esprimere la mia creatività, ma di farlo in un modo alternativo e così lo scorso aprile nasce Universi di(versi).
D.: Chi è Roberta? Quanto il teatro è presente nella tua vita?
R.: La timidezza, l’introversione, la riservatezza vengono percepite come “difetti” in questa società, e – forse – a furia di bandirle come tali, poi lo sono diventate. Eppure ho sempre creduto che la timidezza messa a proprio agio rivela creatività e passionalità inattese. Ho sempre amato giocare, e ho sempre sentito l’esigenza di comunicare. Ho dovuto combattere però ogni volta contro le mie paure per poterlo fare liberamente: introversa, riservata. Questa era la mia “diagnosi sociale”. Quando ho incontrato il teatro sulla mia strada ho creduto di essere totalmente inadatta a un “posto” simile. Mettersi in mostra, esibirsi, essere al centro dell’attenzione non erano esattamente i miei obiettivi. Invece, salgo su quelle tavole di legno e improvvisamente, direi quasi magicamente, mi sento a casa. Era tutt’altro, il teatro. Lì potevo essere me stessa liberamente, esprimermi giocando, conoscermi come non avevo ancora fatto. Non si trattava di un posto che apparteneva al solo spazio fisico, era per me un posto dell’anima. Me ne sono innamorata, all’istante, perdutamente. Forse perseguire i propri sogni è davvero prerogativa di pochi, non lo so, so però che il teatro per me è stato ed è tuttora innanzitutto un’insostituibile opportunità di crescita personale, qualcosa che nel mio percorso quotidiano mi stimola a continuare a lavorare su di me incessantemente, sulla mia evoluzione, con l’obiettivo di tendere a diventare la migliore versione di me stessa. E poi andare sul palco e donare, donarsi, far passare il messaggio.
D.: Cos’è l’Amore per Roberta? Cos’è la Vita? Cos’è la Poesia?
R.: Per la mia esperienza, l’amore è donare, donarsi, incondizionatamente. La vita, citando John Lennon, potrei dirti che è quel che accade mentre sei occupata a fare altri progetti. La poesia per quel che mi riguarda è il linguaggio delle immagini e, perciò, dell’anima.
D.: Lavori o progetti futuri?
R.: Sto lavorando a un progetto teatrale tratto proprio dal mio libro “Universi di(versi)” un progetto che ho voluto fortemente e che nasce anche grazie all’incontro professionale con due musicisti bravissimi e abbastanza folli da realizzare ogni mia richiesta. Lo spettacolo si chiama “Accade”, un atto unico della durata di circa 60minuti, e ha debuttato, con grande calore e partecipazione del pubblico, proprio ad Avellino lo scorso agosto all’interno della rassegna estiva “Avellino Summer fest”.
“Accade” è una folata di vento, un passaggio leggero su un mondo in preda alla legge di gravità, che poi così grave non è mai.
Il gioco e l’intensità della poesia si uniscono alla magia della musica, e conducono lontano.
La poesia si mette in scena insomma, ma senza prosopopea, solo con il semplice intento di prenderci per mano senza prenderci (troppo) sul serio. Una passeggiata di un’ora che mi auguro lasci la voglia di ritrovarsi al più presto, per godere ancora di quella gioia e di quella forza che solo poesia e musica sanno regalare.
Grazie, Roberta.