Intervistiamo con molto piacere questa settimana una giovane scrittrice avellinese, Paola Maria di Somma.
Paola Maria di Somma nasce ad Avellino il 30/06/1982. Trascorre gran parte della sua vita in un paese
limitrofo al capoluogo irpino, che le ha consentito di relazionarsi con gli spazi, sconfinati e linfatici, di una
zona montana. In seguito si trasferisce nelle Marche, dove vive muovendosi tra l’intensità del mare e le
grandiose alture, che punteggiano il territorio. Dopo un primario approccio alla scrittura, che ha portato
alla proficua pubblicazione del suo testo narrativo “Tra flutti immersi e terre emerse”, l’autrice propone il
suo secondo libro, da cui trapela la sua innata inclinazione alla fantasticheria.
Ciao Paola Maria e grazie per la tua disponibilità.
D.: Non posso fare a meno di chiederti da subito il perché del titolo “Albergare In Dimore Immote o
Transitorie”. Puoi dirci l’origine del titolo? E cosa lo ha ispirato?
R.: Il titolo scaturisce da un’esigenza di sintesi. Lo svolgimento della storia che si annoda nel mio libro, edito
da Aletti Editore, non è unitario o lineare ma intreccia più e differenti fili di vita, che srotolano le loro
vicissitudini in una triplice ambientazione, per l’appunto edificata su “dimore immote o transitorie”.
D.: Il libro mi ha molto emozionata, trascinata, incuriosita. Ti chiedo intanto da dove trae origine l’anima
del libro? E i tre racconti e i tre diversi protagonisti?
R.: L’anima del mio libro non appare nei suoi contorni definiti o dentro limiti riconoscibili. Quando si slega
dalle tre distinte masse corporee dei protagonisti, impernia le pagine da sfogliare su diuturni ricordi, sulla
maestria artigianale e sulle consuetudini famigliari di antica collocazione, ma che trovano continuazione
nell’opera delle generazioni a cui sono state tramandate. Infine l’anima si incentra sulle dinamiche di un
truculento passato, che inficia l’andamento di un attaccabile presente.
D.: Parli di magia, talismani, poteri nascosti, potere degli oggetti … Ti chiedo come mai e se queste stesse
componenti fanno parte del tuo mondo, della tua esperienza, della tua esistenza. E soprattutto che
significato hanno per Te.
R.: La magia che si porta alla mia mente, trastullandola, è ben diversa dall’arcana pratica, che ammalia e
nel contempo scarabocchia la mia raccolta di racconti. Non introduce elementi dissonanti che favoriscono o neutralizzano accadimenti, che inaspettati si mostrano al lettore. L’arte fatata, da me solo gradevolmente pensata, svela la sua ineffabile foggia, per allietare la condizione umana, sovraccaricata dalla troppa realtà.
D.: E’ evidente da subito la tua innata inclinazione alla ‘fantasticheria’, che trovo assolutamente
affascinante. Ti chiedo per questo motivo di approfondire questo aspetto della tua personalità.
R.: Il più delle volte, dinanzi ad un foglio da imbrattare, tiro su dalla fonte dell’immaginario, una quotidiana razione di fantasia, perché il ghiribizzo favolistico da sempre padroneggia la mia esistenza, per prevenire il suo scolorimento, quando impatta con il vero opaco. Quando non intride la mia indole, resta nascosto, in attesa che l’estro scrivente lo faccia uscire allo scoperto.
D.: Sei nata ad Avellino, ma prima di trasferirti nelle Marche, hai vissuto in un paese dell’Irpinia. Ritengo
che questa fase ti abbia molto influenzata. Puoi dirmi in che modo? E di quale luogo si tratta?
R.: Sono cresciuta nel verdeggiante Monteforte Irpino, in provincia di Avellino. Un paese che si erge alla
vista, perché corazzato da carezzevoli montagne. Un nucleo territoriale che assorbe la sua folta essenza,
dalla moltitudine di alberi che lo punteggiano. Per me non è soltanto il luogo di origine, per il quale si prova un’indelebile affezione, ma io mi sento proprio apparentata con quei modesti rilievi, a tal punto che la parte più autentica di me, è fatta di fibre legnose. L’età immatura dell’infanzia e l’intera giovinezza hanno conosciuto una rigogliosa espansione, interagendo con gli ambienti odoranti di resina e spontaneamente connettendosi, in riserbo con le proprie sensazioni, con una strabiliante natura, che sazia con la sua incommensurabile composizione, mentre mette al riparo dalla faticosa urbanità.
D.: Come e quando ti sei scoperta scrittrice? (Se c’è stato un ‘quando’ e un ‘come’).
R.: In realtà mi sto ancora cercando come autrice, troppo prematuro considerarmi tale. Il percorso della
scrittura, palpitante, a poco a poco si è palesato, ma per spostarmi lungo tutte le sue diramazioni, devo
compiere passi più saldi e meno vacillanti, devo ben affilare la penna con l’esperienza e con un’intensificata e generale conoscenza. La consapevolezza e lo studio approfondito dell’argomento su cui tessere la trama, sono fondamentali quanto l’inventiva creativa.
D.: Con quale messaggio vuoi salutarci?
R.: Vorrei salutarvi con una parte della dedica riportata nel mio libro, “ALBERGARE IN DIMORE IMMOTE O
TRANSITORIE”, che invita a rimanere fedeli a se stessi, scevri e liberi dalle altrui critiche: “A CHI NON MI HA MAI GIUDICATO, A CHI SI SENTE GIUDICATO”.
Grazie!