Intervista a Eleonora Davide questa settimana per Plus Magazine. Giornalista, geologa e laureata in discipline storico-musicali e direttrice della testata giornalistica on line WWWITALIA (wwwitalia.eu). Napoletana di origine, avellinese di adozione, Eleonora Davide ha cominciato a interessarsi di storia locale e oggi si presenta nella veste anche di scrittrice.
Diamo il benvenuto all’amica Eleonora Davide, che si racconta a Plus Magazine, e la ringraziamo per la disponibilità.
Nel presentarti abbiamo da subito la percezione di una ‘donna’ impegnata su più fronti, eclettica, molteplici interessi, dinamica… chi è Eleonora Davide?
Prima di tutto ti ringrazio, Elisabetta, di avermi invitata a rispondere alle tue domande sulle mie attività. Chi sono? Una persona curiosa che ama conoscere ed esplorare. Ciò dovrebbe spiegare l’impegno su più fronti, di cui parli. Mi piace osservare e cercare spiegazioni, ascoltare chi ha qualcosa da raccontare e relazionarmi con gli altri.
Da Napoli alla provincia di Avellino: quando e perché ti sei trasferita?
Per amore, solo per amore! Conobbi quello che sarebbe diventato in breve mio marito nella casa in cui abitiamo ancora oggi, a Monteforte Irpino, in provincia di Avellino, a una cena tra amici. Poi ho sempre amato la montagna e la natura; quindi, incontrando questo luogo mi è sembrato di giungere in Paradiso.
Nel tuo iter di formazione non manca la componente musicale (laureata in discipline storico- musicali)… l’importanza della musica nella tua formazione e nella tua vita?
Ho imparato a suonare la chitarra da ragazza, cantavo in una corale polifonica, lo studio al Conservatorio è venuto dopo e per motivi legati alla mia professione di giornalista, impegnata in quel momento nelle comunicazioni musicali istituzionali. La musica è per me tante cose, ma soprattutto, credo, linguaggio dell’anima.
Oltre ad essere giornalista, nel tuo CV si legge anche geologa. Come mai questo ambito?
Beh questa è stata ed è la mia prima passione, nutrita sin da bambina, che ha dato l’impronta al mio approccio alle cose, al mio modo di affrontare la soluzione dei problemi e lo studio dei fenomeni che mi circondano, siano essi naturali o culturali in genere.
Da diverso tempo dirigi una testata giornalistica on line, WWWITALIA: che significato e importanza ha per te e come riesci a conciliare questo con gli altri tuoi impegni?
Questa è stata la mia seconda passione, che mi ha permesso di comunicare in modo diverso e di approfondire in modo quotidiano, come il giornale pretende, diversi argomenti di vasto interesse ma anche notizie specialistiche o, come si dice, “di nicchia”. Ho iniziato a percorrere questa strada grazie alla fiducia accordatami da un giornalista che ammiro moltissimo, che è don Gerardo Capaldo, il quale allora dirigeva il settimanale diocesano Il Ponte ad Avellino. Poi dopo anni di esperienze in altre testate, oltre a quella, nel 2013 ho deciso di intraprendere un’avventura autonoma e libera nel mondo della comunicazione, insieme a colleghi giornalisti e giovani volenterosi che hanno messo a frutto i loro talenti in questo contesto, divenendo anche loro, con il tempo, giornalisti.
Entriamo nel vivo della tua nuova veste di scrittrice. Quando hai cominciato a scrivere e come sono nate le tue opere?
Vedi, Elisabetta, amo scrivere e, da giornalista, era la mia occupazione quasi quotidiana, oltre alle supplenze come docente di scienze negli istituti irpini; ma avevo un sogno nel cassetto, a cui ho dato ascolto quando mi sono liberata da alcuni impegni e ho deciso di fare una scelta importante. Così ho preso gli appunti che da un po’ di anni conservavo e, sotto l’incitamento dei miei figli e di mio marito, ho rotto gli indugi e così è nato nel 2019 il mio primo romanzo Il Normanno, ambientato nel 1111 intorno al Castello di Monteforte e al suo signore Guglielmo il Carbone, che mi ha procurato tante soddisfazioni e ancora me ne procura. Poi nel 2020 è arrivato Il Fiore del Carso, una linea tra due mondi, ambientato nella prima parte del Novecento, tra e dopo le due guerre mondiali, tra il confine orientale, con Trieste al centro, e Napoli con il resto del Sud Italia. Poi sono tornata nel 2021 alla storia affrontata precedentemente dando vita al secondo capitolo della Saga del Normanno, dal titolo Dominus, il codice del destino.
Il Normanno e Dominus: li possiamo definire romanzi-storici ma hanno una nuance thriller, o mistery. Come li definisci tu?
Si tratta di due romanzi storici che sposano lo studio del contesto e dell’ambiente all’invenzione narrativa, hanno richiesto una lunga ricerca sulle fonti storiche e una buona conoscenza dei luoghi, delle leggende e delle tradizioni locali. È stato uno studio entusiasmante quello che mi ha portato a scoprire cose sulle quali ho intessuto la trama e dato vita ai personaggi. C’è sicuramente mistery e anche una componente thriller nelle loro trame.
Il fiore del Carso, che invece risale al 2020 cambia genere e si rifa’ a un contesto post bellico, Napoli e Trieste due città messe a confronto e due mondi che si incontrano. Ce ne vuoi parlare più dettagliatamente?
Anche questo è un romanzo storico, perché sia il contesto storico, appunto, che quello ambientale sono stati ricostruiti sulla base di diversi tipi di documenti, testimonianze dirette, sopralluoghi e indagini che mi hanno permesso di confrontare i diversi racconti ascoltati in famiglia con le esperienze vissute da altre persone, in un luogo dalla storia controversa per motivi politici e ambientali, e svelare anche alcuni misteri legati alle vicende che si svolsero nella famiglia che fa da protagonista. Per la costruzione del romanzo ho utilizzato più livelli narrativi che si incontrano e congiungono con lo scopo di aiutare il lettore ad entrare completamente nel racconto.
Ne Il Normanno e in Dominus, invece, tratti di un contesto storico molto vicino a noi, locale diremmo. Monteforte: alla base quindi ricerche, studi, indagini, approfondimenti della nostra storia dopo l’anno mille. Cosa ti ha spinto a questo studio e come nascono queste tue due opere molto affascinanti?
La spinta è nata da tre motivazioni: la voglia di conoscere meglio il luogo che è divenuto la mia casa, che già mi aveva fatto pubblicare un compendio sulla storia locale, distribuito alcuni anni fa nelle scuole del paese dall’Amministrazione comunale, Monteforte, conoscere un paese e la sua storia; l’aver partecipato con mio marito alla rievocazione storica che si svolge in paese, il Palium Santi Martini, alcuni anni fa, dove vestivamo i panni di Guglielmo il Carbone e signora, cosa che mi ha stimolato non poco; la terza motivazione riguarda il secondo capitolo della Saga, ispirato al ritrovamento di alcuni misteriosi segni nel Castello durante le campagne di scavo archeologiche, che in questi anni sono condotte in questo sito dall’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, oltre alla richiesta esplicita dei lettori che mi hanno suggerito di scrivere ancora del Normanno.
La componente del mistery, dell’intrigo, del thriller non è facile da portare in scrittura e, personalmente, la ritengo una grande dote e capacità. Nel tuo caso la consideri una dote, una inclinazione insita, una componente insita…?
Non lo so, sinceramente. Per scrivere romanzi a carattere storico, come quelli a cui mi sono dedicata, ci vuole molto impegno e pazienza, voglia di studiare e ricercare, confrontare e valutare diversi punti di vista, ma anche attenzione a curare i particolari e, per questo, è importante non andare di fretta. Credo che ci voglia passione, come per tutte le cose, non ci si può svegliare la mattina e dire: “Oggi scrivo un libro”. Tanto più, come hai sottolineato, se si tratta di trame complesse che comportano la risoluzione di un enigma, creando un climax tale da suscitare emozioni in chi legge.
Come nascono i tuoi scritti? Quale la fonte di ispirazione?
L’ispirazione per me nasce dalla necessità di raccontare una storia su un argomento che mi affascina e mi interessa, sono io la prima ad essere spettatrice della storia che va nascendo, ma ho bisogno di solide basi reali; le persone che incontri nella vita offrono molte volte lo spunto per caratterizzare i personaggi, che iniziano, cresciuti, battezzati e vestiti, dalla penna dello scrittore, poi vivono di vita propria e lo scrittore ne asseconda la natura.
Cosa consigli a chi si sta approcciando alla scrittura o ha in mente di scrivere un libro? Qual è l’iter?
Ho avuto e ho il piacere di seguire diversi scrittori che si affidano a me e al team di cui faccio parte, Rossoquadro, per l’autopubblicazione delle proprie opere. A loro consiglio di scrivere se necessario, non tanto per scrivere, perché bisogna avere il contenuto e poi bisogna dedicarsi alla creazione con un programma preciso in testa. Affidarsi a un esperto per farsi guidare evita di seguire false strade, che spesso non portano da nessuna parte, o di dover reimpostare tutto l’impianto narrativo. Ma anche, una volta buttata giù una bozza la si può mostrare a un amico, buon lettore, che dall’esterno può dare un parere, poi ci si può rivolgere a un editor, già per avere i primi indirizzi, un parere esperto e scegliere anche come si vuole pubblicare il proprio libro. Non c’è niente di più bello che vedere nascere un libro e aiutare l’autore a pubblicarlo in piena autonomia.
Spesso sento dire che un libro esiste già in nuce nella mente o nell’animo di chi intende scriverlo, un po’ come Michelangelo che affermava che le sue sculture esistevano già nei blocchi di marmo, il suo compito era quello di portarli alla luce. Confermi questa versione, concordi con questa interpretazione?
In effetti è capitato anche a me che il romanzo inizi come a scriversi da solo, quando il contenuto e la trama sono definiti. Capita che la notte io mi svegli con una scena del libro nella mente, mentre i personaggi prendono vita, o che le dita scorrano sulla tastiera liberamente mentre sembra che qualcuno stia parlando nella mia testa. Ma, niente, è così anche per altri scrittori con cui mi sono confrontata. Evidentemente molte opere sono già nelle nostre dita e dobbiamo tirarle fuori. Probabilmente Michelangelo qualche ragione l’aveva.
L’importanza dei libri per Eleonora e un tuo messaggio per salutarci.
Da accanita lettrice, quale sono, i libri sono senz’altro un modo di vivere altre vite, provare emozioni e dialogare con il proprio intimo, imparare, essere liberi, insomma.
Da scrittrice, i libri sono una grande passione, un esercizio interiore e creativo, un modo di comunicare.
Il dono maggiore che si può fare a un ragazzo o a una ragazza è permettere loro di avere accesso libero alla lettura, sempre e comunque, e per questo sostengo sempre l’opera che svolgono le biblioteche pubbliche. Andiamo in biblioteca, respiriamo più cultura!
Ti ringrazio molto per queste tue stimolanti domande, per lo spazio che mi hai dedicato, Elisabetta, e per l’opera culturale che svolgi con il tuo lavoro.