Rieccoci con la nostra mini-rubrica di psicologia. “SorprendenteMente”, secondo i miei calcoli, pubblicherà questo articolo il 4 di novembre: auguri a tutti i Carlo/a e quindi anche a me! ma c’è un’altra ricorrenza che a breve arriverà: il 9 novembre infatti segna la caduta del muro di Berlino. Non parlerò di politica, bensì del significato psicologico dei “muri”, tuttavia un breve accenno a quello di Berlino risulta Doveroso. In estrema sintesi, sostanzialmente il muro di Berlino fu eretto dal governo della Repubblica Democratica Tedesca per evitare il passaggio dalla parte Est della città (settore Sovietico) al lato Ovest (zona filo-occidentale) e cadde la sera del 9 novembre 1989.Discostandoci dai fatti di matrice storico-politica, approfondiamo il concetto “muro” soffermandoci sul valore simbolico e sui meccanismi psichici ad esso correlati.Il “muro” delimita il confine “dentro-fuori” ossia il cosiddetto “spazio sicuro” interno e l’esterno, che rappresenta l’incerto, il pericolo. Oltre a dividere, il compito dei muri è anche quello di “racchiudere”: basta pensare alle mura domestiche o comunque ambienti definiti che racchiudono, appunto, ricordi e segreti. Non è un caso, infatti che la frase più ricorrente sui muri sia “se queste mura potessero parlare..” . Tuttavia, i muri sono anche “limiti” che se da un lato delineano confini protettivi, dall’altro pongono degli ostacoli interiori con cui bisogna confrontarsi e a fare la differenza sulla funzionalità del muro è la capacità di utilizzarli e, soprattutto, di affrontarli : la chiave sta nella consapevolezza.Alcune volte, i muri costruiti con mattoni del dolore diventano delle vere e proprie barriere relazionali, erette con l’intento di “non voler soffrire più”: peccato che questo non basti, anzi. Di fatto, questa barriera tra “noi e l’altro” non solo limita la veduta, ma indebolisce ciò che si è in quanto impedisce di attingere alle proprie risorse lasciando che il momentaneo bisogno di restare nella nicchia diventi dominante tendendo alla permanenza. Così facendo, le relazioni vengono alterate sia nella percezione che nei fatti ove la difficoltà maggiore anche per l’altro è quella di porre le basi relazionali quali fiducia e condivisione, in quanto si impedisce a se stessi e, di riflesso, all’altro, di “lasciarsi andare” e vivere le emozioni.A questo punto, non posso non citare i Pink Floyd, che nello storico video di “Another brick in The Wall” rappresentano un personaggio che, a furia di costruire e rinchiudersi nelle proprie mura interiori, marcia verso la follia, da cui riesce ad uscire solo grazie ad una sentenza che lo condanna ad abbattere il muro. Difendersi è un bene, ma quando la funzionalità perde la sua accezione sana diventando sovrastante e condizionante, se non addirittura limitante, bisogna trovare il coraggio di credere in se stessi ed abbattere il muro. Vi lascio citando uno dei miei libri preferiti, spunto di grandi riflessioni: “È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito.” (Antoine de Saint-Exupéry)