Il mito del teIl mito del tendine d’achille. Conosciamolo insieme questo tendine mitologico, quali sono le lesioni e cosa fare…
Benessere – Chi di noi non conosce la storia del mito di Achille e del suo calcagno? L’unico punto vulnerabile del suo corpo che lo porterà alla morte in battaglia. Ebbene, non era solamente il punto debole dell’epico guerriero ma, purtroppo, anche di tanti di noi, soprattutto di professionisti o di chi pratica quelle attività sportive che prevedono una grande sollecitazione di questo tendine (calcio, atletica, rugby).
Conosciamolo insieme questo tendine mitologico.
Il tendine d’Achille unisce i muscoli gastrocnemio e soleo (li conosciamo con il nome di polpaccio), alla tuberosità del calcagno (tallone), nella sua porzione posteriore. E’ formato da collagene ed elastina e permette al muscolo del polpaccio di muovere il piede, camminare ma soprattutto di correre e saltare. E’ uno dei tendini più grosso e più robusto del nostro corpo che ci consente di resistere al peso corporeo e resistere alle tensioni. Nonostante tutto ciò, è poco irrorato di sangue e, questa caratteristica, in aggiunta alle continue tensioni alle quali è sottoposto, fa sì che risulti spesso soggetto a lesioni oppure infiammazioni.
Come riconosciamo la problematica?
Il soggetto che presenta questa patologia accuserà dolore e rigidità, soprattutto al risveglio mattutino (dovuta alla prolungata immobilità), dolore che spesso non ci permette di camminare o salire le scale. Un atleta professionista accuserà dolore all’inizio dell’attività per poi sparire durante e ripresentarsi, in maniera più violenta, al termine di questa. A questo punto, come sempre consigliamo, rivolgiamoci ad un ortopedico che eseguirà dei semplici test. Controllerà se sono presenti dolore, tumefazione, gonfiore, calore o protuberanze lungo il tendine. In aggiunta potrebbe essere effettuato il test di Thompson: in questo caso il paziente viene messo in posizione distesa, a pancia in giù.
Il medico, effettuando una compressione a pinza del polpaccio, controllerà se, per reazione meccanica, il piede si muoverà verso il basso. Se la manovra risulterà positiva allora il tendine risulterà ancora attaccato al piede, altrimenti, in caso contrario, per vedere in maniera ottimale lo stato della lesione, sarà richiesto un approfondimento attraverso una risonanza magnetica oppure un’ecografia che ci permetteranno poi di abbinare la terapia adeguata. Come già detto in precedenza è la patologia tipica di chi sforza questa struttura con movimenti di torsione, balzi, cambi repentini di direzione o velocità. Per chi è amante dello sport la rottura del tendine d’Achille è la causa della mancanza di partecipazione del nostro Tamberi (oro nel salto in alto ai Giochi Olimpici di Tokyo 2021), alle Olimpiadi del 2016 oppure del nostro Spinazzola ai recenti Europei di calcio che ci ha visto vincitori.
Quali sono i tipi di lesione?
Possiamo avere delle semplici infiammazioni che saranno trattate con terapia mediche e con esercizi specifici, fino alla rottura parziale o completa che, come nel caso degli atleti suddetti, necessita di un intervento chirurgico.
Cosa fare?
In primis il medico ci consiglierà il riposo assoluto e la completa interruzione di qualsiasi attività sportiva. Potrebbero essere prescritti degli antinfiammatori (paracetamolo o i buprofene) oppure terapie locali come crioterapia (ghiaccio applicato localmente per 20’-30’), laser, tecar, ultrasuoni oppure le onde d’urto (pratica ultimamente molto utilizzata per questo tipo di patologia). In alcuni casi l’ortopedico potrebbe consigliare delle solette da inserire all’interno delle scarpe in modo da ridurre il carico. Una volta risolta la componente infiammatoria (assenza di dolore), è consigliabile eseguire, con l’aiuto di professionisti, alcuni esercizi specifici che ci permettano di rinforzare la zona interessata, aumentarne l’elasticità e/o prevenire e curare le cause della patologia. Nel caso poi di intervento chirurgico, a seconda del tipo di lesione, verrà effettuato un intervento di sutura dopo il quale seguirà (dopo circa 1 mese) la terapia di riabilitazione in base al tipo di intervento effettuato.
A questo punto, personalmente, mi permetto di dare un consiglio riguardo a quanto detto. Consiglio rivolto soprattutto ai più giovani, ai giovani atleti con i quali molto spesso mi confronto e che, a causa della loro “giovanile impazienza”, anticipano il ritorno all’attività sportiva: fate sempre attenzione a quando facciamo uso di antidolorifici perché, questi medicinali, danno una copertura quasi immediata sulla componente dolorifica, diminuendo sensibilmente il dolore. Questa sensazione di sollievo e di quasi assenza di dolore ci porta ad anticipare i tempi del rientro ma non è così perché, questa sensazione di benessere, non implica assolutamente la risoluzione del problema, anzi, questo potrebbe essere ancora presente. Ascoltiamo, quindi, sempre i consigli dei medici, dei nostri preparatori e dei nostri allenatori per evitare che la patologia si cronicizzi oppure necessiti di un intervento chirurgico.
“PATIENTIA EST VIRTUS FORTIUM”; la pazienza è la virtù dei forti…..