L’aggressione in Parlamento avvenuta il 12 giugno scorso ha lasciato a bocca aperta chi si è trovato davanti agli schermi in ascolto dei telegiornali di tutte le reti nazionali ed estere.
Il triste episodio, ripreso anche dai cellulari dei deputati presenti in aula, ha segnato indelebilmente e negativamente la Storia della nostra Repubblica, nata dal sangue dei martiri della libertà e non certo dalla violenza e dalla mancanza di una dialettica costruttiva e colta come quella dei Padri Costituenti.
In coincidenza dell’inizio dei lavori del G7 tenutosi in Puglia ed a pochi giorni dalle elezioni europee ed amministrative, l’aggressione in Parlamento sembra aver stigmatizzato il clima di tensione che serpeggia ormai da tempo nel nostro Paese e non solo.
La realtà è un libro aperto da decodificare e gli episodi di violenza, ormai innumerevoli fuori e dentro i luoghi delle istituzioni, che risentono anche delle relazioni tese esistenti tra i Paesi belligeranti ai confini orientali del nostro continente, devono indurre ad un ripensamento e rimodulazione della gestione dei conflitti, affinché si superino i vecchi modelli di cui la Storia è stata cattiva maestra.
Nel video inviato dalle reti televisive a più riprese si vede l’onorevole Leonardo Donno, del Movimento Cinque Stelle e membro della Camera dei deputati, scendere dagli scanni dell’emiciclo parlamentare ed avvicinarsi con passo pacato al ministro Calderoli, promotore del disegno di legge sull’Autonomia Differenziata, per consegnargli la bandiera italiana. Mentre quest’ultimo allontana da sé il vessillo tricolore, il deputato grillino viene avvicinato dai commessi e poi risucchiato in un vortice di corpi, per nulla festanti, che inveiscono contro di lui, cui si aggiunge infine il deputato della Lega Igor Iezzi che, contraddistinto dal colore chiaro della giacca, s’inocula nell’assembramento e con il braccio destro alzato tenta di colpire più volte Leonardo Donno.
Allucinante e diseducativa “visione” che getta discredito su alcuni membri del Parlamento privi ormai di quel contegno istituzionale, ravvisabile invece nel nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, emblema nazionale di raffinatezza, cultura e pacatezza.
Il disegno di legge sull’Autonomia Differenziata presentato dal ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli, della Lega, richiama un tema assai caro al partito del Nord Italia e che deriva dalla riforma del titolo V della Costituzione del 2001, in base al quale le regioni possono chiedere allo Stato la competenza esclusiva su 23 materie di politiche pubbliche. Inoltre le regioni possono anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive.
Le materie oggetto di autonomia sono: i rapporti internazionali e con l’Unione Europea, il commercio con l’estero, la tutela e la sicurezza del lavoro, l’istruzione, le professioni, la ricerca scientifica e tecnologica, la tutela della salute, l’alimentazione, l’ordinamento sportivo, la protezione civile, il governo del territorio, i porti e gli aeroporti civile, le grandi reti di trasporto e di navigazione, la comunicazione, l’energia, la previdenza complementare e integrativa, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, la cultura e l’ambiente, le casse di risparmio e gli enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
Il 23 gennaio di quest’anno il Senato ha approvato il disegno di legge, ma la proposta ha creato dei dubbi all’interno della stessa maggioranza, in particolare per la tendenza fortemente nazionalistica di Fratelli d’ Italia molto forte al Centro e al Sud. La proposta è stata fortemente avversata anche da economisti e sociologi. Gli studiosi ne rilevano gli aspetti tecnici farraginosi ed i possibili effetti sociali estremamente negativi in grado di aumentare le disuguaglianze a livello inter regionale. Definito dal Il fatto quotidiano “La secessione dei ricchi” potrebbe assicurare molti più finanziamenti alle regioni del nord. L’autonomia infine colpirebbe gravemente il sistema scolastico con un vero processo separatista in cui si avrebbero programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e funzionamenti differenziati.
Quali esempi potranno ricevere le giovani generazioni sottoposti alla tolleranza della violenza anche nelle stanze dei bottoni?
Anche da una lettura superficiale del contenuto della predetta proposta di legge si desume la gravità della posta in gioco, ma non si potrà mai accettare che la violenza entri nei palazzi di governo e men che mai si potrà tollerare che i responsabili vi siano nuovamente ammessi per gestire la cosa pubblica e per rappresentare gli italiani.