Per la mini-rubrica SorprendenteMente, questa settimana vi parlerò dei disturbi d’ansia.
La parola “ansia” è sempre più presente nell’eloquio quotidiano senza distinzione di fasce di età e/o categorie sociali. Sia persone di una certa età che giovanissimi, infatti sovente usano questo termine spesso per indicare uno stato d’animo che in realtà non è ben chiaro nemmeno a loro. Grazie a internet ed all’uso della tecnologia in generale, è facile fare delle ricerche anche superficiali da cui si evince che l’ansia abbia a che fare con uno stato di agitazione accompagnato da un certo tipo di sintomatologia. Beh, sappiate che c’è molto di più e, soprattutto che questa parola viene usata in modo improprio.
Vero è che l’ansia può essere sana e funzionale quando si presenta come un campanello d’allarme che, senza intervenire a gamba tesa, stimola le capacità operative del soggetto soprattutto nel risolvere una situazione. Essa, invece, diventa patologica quando comporta situazioni reattive spropositate con caduta o fallimento del livello performante. Un esempio del quotidiano può essere individuato nello studio ove ad esempio, l’ansia di un laureando lo spingerà ad impegnarsi per giungere all’obbiettivo prefissato con un certo risultato, mentre l’ansia patologica avrà l’effetto contrario amplificando le sensazioni e le percezioni come ad esempio quella di “sentirsi incapace” e quindi graverà sul processo dello studio rallentandolo e complicandolo.
Volendo dare un taglio teorico-tecnico all’argomento, è bene rifarsi al DSM-V (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) il quale presenta i disturbi d’ansia annoverandoli in diverse sottocategorie. Troviamo, infatti il disturbo d’ansia da separazione, il mutismo selettivo, la fobia specifica, il disturbo d’ansia sociale (altrimenti detto fobia sociale). Ancora vi sono il disturbo di panico (che è anche uno specificatore), l’agorafobia, il disturbo d’ansia generalizzata ed il disturbo d’ansia indotto da sostanze/farmaci. Chiudono la serie il disturbo d’ansia dovuto ad altra condizione medica, il disturbo d’ansia con altra specificazione ed il disturbo d’ansia senza specificazione.
In ogni caso, l’ansia di un certo livello porta ad attuare delle condotte di evitamento che limitano la vita affettiva, lavorativa e sociale del soggetto il quale vive di rinunce ed in uno stato costante di tensione. Egli, inoltre, non si sente compreso dagli altri e si percepisce limitato anche nelle piccole azioni del quotidiano che risultano pesanti, soprattutto con il sopraggiungere di sintomatologie quali ad esempio l’aumento del battito cardiaco, la sudorazione ecc. Gli amici e/o i familiari, con il buon proposito di “aiutare” la persona che gli ha confidato le proprie difficoltà, spesso cercano di “spronarlo” elencandogli tutte le cose che ha, magari accompagnando con la frase “ma non ti manca niente: diche ti lamenti?” oppure “ma questa cosa non esiste sei tu che ti fai questi problemi inutili” ecco: sappiate che questa modalità non aiuta affatto l’altro in quanto questi si sentirà sminuito nei propri vissuti, giudicato e soprattutto ancora più solo con le proprie difficoltà. Cosa fare? Rivolgersi sempre ad un professionista. Se vi imbattete in una persona che vi confida di avere un disturbo d’ansia, evitate di dare giudizi e/o consigli e fate presente che è molto importante rivolgersi ad un professionista. Ciò vale anche e soprattutto se la cosa vi riguarda in prima persona. Voglio concludere con una frase di R. Tagore sperando di offrirvi un importante spunto di riflessione.
“La lezione più importante che l’uomo possa imparare in vita, non è che nel mondo esiste la paura, ma che dipende da noi trarne profitto e che ci è consentito tramutarla in coraggio”.
(R. Tagore)