L’Ottocento è stato il secolo della raccolta scritta e valorizzazione dei racconti orali dei bardi ed i fratelli Grimm, Jacob e Wilhelm, sono stati i primi estensori di fiabe e i fondatori della ricerca sui racconti popolari. Essi hanno riconosciuto il valore antropologico delle fiabe che, secondo il loro giudizio, “colgono i puri pensieri di un’osservazione infantile del mondo; la loro struttura essenziale le rende leggere e senza pesantezza terrestre.”
I bardi erano antichi cantori che rallegravano la vita dura dei contadini e dei cacciatori attraverso i loro racconti mitici. Essi erano rispettati come una classe onorata e spesso rivestivano il ruolo di sacerdote. Quando giungevano in un villaggio, tutti gli abitanti accorrevano, perfino dalle fattorie più lontane e si radunavano intorno ad essi, in quanto i bardi erano l’unica fonte di notizie che si ricevevano durante l’anno.
Oltre i bardi, che venivano nominati anche consiglieri di capitani e di re, c’erano gli scaldi, poeti e cantori che cantavano e dicevano ciò che scaturiva dalla loro ispirazione del momento.
La trasmissione orale di questo tipo di racconti permetteva la conservazione e la divulgazione di informazioni che hanno consentito la crescita spirituale di popoli che, altrimenti, sarebbero rimasti ad un livello istintuale e materialistico. ‘L’immagine morale delle fiabe è stata una vera forza religiosa nei secoli che ha reso l’anima degli uomini sensibile alla venerazione ed alla grazia. Nel 1830 il medico ed estensore di leggende finlandesi, Elias Loonrot, dedicando la sua attenzione al mondo dei bardi nordici, attingendo direttamente dalle labbra degli ultimi rappresentanti di questa categoria in estinzione, raccolse in forma scritta saghe e racconti dei finlandesi, assemblandoli in un volume, intitolato Kelevala. Assai suggestiva è la sua descrizione del rito legato all’arrivo dei bardi nelle località sperdute della Finlandia. “Gli abitanti dei villaggi al tramonto si riunivano su una collina intorno al fuoco, dove venivano portati anche boccali colmi di una bevanda di grano. Nel momento in cui il sole toccava l’orizzonte, il cantore più anziano si sedeva di fronte a quello giovane e cominciava ad annunciare le leggende e i racconti della Kelevala, in parte cantando e in parte parlando. I due ponevano le mani sulle reciproche spalle e cominciavano a dondolare a ritmo. Continuavano così tutta la notte con brevi intervalli in cui sorseggiavano le bevande. Gli abitanti sedevano ed ascoltavano fino all’alba, nel momento in cui i bardi tacevano”.
L’Ottocento è stato il secolo della raccolta scritta e valorizzazione dei racconti orali dei bardi ed i fratelli Grimm, Jacob e Wilhelm, sono stati i primi estensori di fiabe e i fondatori della ricerca sui racconti popolari. Essi hanno riconosciuto il valore antropologico delle fiabe che, secondo il loro giudizio, “colgono i puri pensieri di un’osservazione infantile del mondo; la loro struttura essenziale le rende leggere e senza pesantezza terrestre”. I Grimm hanno pubblicato due volumi nel 1812 e nel 1815 con 156 fiabe, intitolati: Kinder-und Hausmarchen, che costituiscono il punto di partenza per lo studio sistematico di tale genere letterario.
In un primo momento essi hanno ritenuto erroneamente che le fiabe avessero tutte un’origine tedesca, poi successivamente sono giunti alla conclusione che esse abbiano avuto un passato indoeuropeo. Altri estensori di rilievo sono stati Charles Perrault in Francia, Italo Calvino in Italia e Aleksandr Afanas’ev in Russia. Accanto a tali studiosi devono essere ricordati altresì gli inventori di fiabe: il danese Hans Christian Andersen, l’italiano Collodi, autore di Pinocchio e l’inglese James Matthew Barrie, autore di Peter Pan.
La struttura della coscienza primordiale è stata molto simile a quella che può possedere il bambino, se si considera il forte ascendente che esercita la lettura o l’ascolto di una fiaba su quest’ultimo. L’attrazione che le fiabe esercitano sui bambini è la medesima che le società primitive provavano in occasione dei racconti dello stregone prima e dei bardi poi. Il bambino si immedesima a tal punto che il dolore del protagonista diventa il suo dolore; le lacrime dei personaggi diventano le sue; la felicità finale è la sua. Ogni cattiveria viene punita e la fiaba diviene respiro morale che aiuta a maturare la coscienza del bambino. Quando ascolta la fiaba egli aderisce perfettamente alle immagini, e, come sperimenta il male, così vive intensamente la vittoria della giustizia ed attraverso queste forze, forma il carattere.