Per la mini-rubrica “SorprendenteMente”, oggi vi riporterò quanto spiegai in un intervento per “l’Università del Tempo Libero” a cui l’anno scorso fui onorata di partecipare. Lo propongo perché gli effetti dei disagi rilevanti si vedono ancora oggi ove, nonostante siano stati fatti passi da giganti, ancora non ci siamo liberati del virus e soprattutto stiamo subendo i danni fatti dalla pandemia.
Non si può ignorare che la spiacevole condizione che abbiamo vissuto e stiamo tuttora vivendo abbia potuto e possa ancora effettivamente impattare in maniera sostanziale sul nostro benessere psicofisico.
La situazione pandemica, la quarantena e l’isolamento producono e favoriscono una vasta gamma di effetti psicologici indesiderati come:
- ansia generalizzata ( adattamento a nuova situazione precaria che descrive un pericolo oggettivo per la vita)
- sentimenti di rabbia e paura ( rabbia verso chi ci ha tolto la libertà delle nostre abitudini, verso i malati, verso chi va in giro con il rischio di contagiare gli altri)
- attacchi panico
- insonnia (dovuta ovviamente al cambiamento del ritmo quotidiano, delle tempistiche e delle abitudini)
- stress acuto e stress post-traumatico (vedremo la differenza)
- depressione (data dalla routine ristretta e forzata dall’isolamento, dalla drastica riduzione di stimoli e di rapporti interpersonali e dallo stop lavorativo)
- Disturbi del comportamento alimentare (che su personalità con una certa predisposizione trovano terreno fertile in un contesto ove ci si annoia e/o si è lontano dagli affetti e il cibo può essere un elemento compensatorio o punitivo)
- abuso di alcool e di sostanze
Quanto detto è stato confermato da un recente lavoro dove i ricercatori hanno analizzato 24 studi scientifici condotti in 10 Paesi, che inoltre ha rilevando il perdurare di alcuni di essi come i sintomi dello stress post-traumatico.
In particolar modo, per il personale ospedaliero, nel breve termine, oltre a stati ansiosi, irritabilità, insonnia e deterioramento delle prestazioni lavorative, vi è appunto lo sviluppo di disturbi post-traumatici da stress e/o depressivi che potrebbero consolidarsi in seguito.
Sempre la letteratura scientifica relativa ad altri approfondimenti ha riportato che il disturbo più frequentemente diagnosticato, alla fine della quarantena, fosse il disturbo acuto da stress.
Adesso, prima di procedere addentrandomi nei tecnicismi, vorrei fosse cristallino che ciò che sto per riferire in merito ad alcune patologie, al di là del puro interesse scientifico mostrato da alcuni di voi, non è teso a spaventarvi, ma anzi, è per rassicurarvi sul fatto che anche situazioni gravi possono essere arginate e curate e che quindi il benessere non è un’utopia, ma una realtà che deve essere riconquistata.
Detto questo, chiariamo che il DSM‐5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) identifica la diagnosi di disturbo da stress acuto descrivendo le reazioni allo stress che si verificano nel primo mese dopo l’esposizione al trauma e, proprio perché il suo quadro sintomatologico è limitato al range che va dalla durata di tre giorni fino al massimo ad un mese dopo l’esposizione all’evento traumatico che il disturbo da stress acuto si distingue dal disturbo post traumatico da stress.
Nello specifico il disturbo acuto da stress si caratterizza da un periodo di ricordi intrusivi che si manifestano entro 4 settimane, in seguito a un evento traumatico cui si è assistito o che si è vissuto in prima persona.
I sintomi possono essere:
- ansia, invadente e ricorrente,
- ricordo angosciante dell’evento,
- sogni inquietanti ricorrenti riguardo ad alcuni eventi,
- reazioni dissociative,
- sofferenza psicologica-fisiologica intensa quando ricorda l’evento
- persistente incapacità di provare emozioni positive,
- ipervigilanza
- irritabilità e/o scoppi d’ira.
Il disturbo post traumatico da stress, invece, si manifesta in conseguenza ad un fattore traumatico estremo, cui la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri.
È interessante conoscerne i sintomi che sono :
- ricordi invadenti e angoscianti,
- sogni angoscianti ricorrenti,
- reazioni dissociative (es. flashback),
- stress psicologico intenso o prolungato all’esposizione ai ricordi del trauma,
- marcate reazioni fisiologiche a segnali interni o esterni che simboleggiano e ricordano un aspetto dell’evento traumatico
- difficoltà al controllo delle emozioni, irritabilità,
- rabbia improvvisa o confusione emotiva,
- depressione e ansia,
- insonnia,
- determinazione a evitare qualunque atto che li costringa a ricordare l’evento traumatico.
- senso di colpa, per essere sopravvissuti o non aver potuto salvare altri individui.
Dal punto di vista fisico, invece i sintomi sono:
- dolori al torace,
- capogiri,
- problemi gastrointestinali,
- emicranie,
- indebolimento del sistema immunitario
C’è da dire che l’esacerbazione della sintomatologia è data dal prolungarsi degli stressor ambientali che, oltre gli altri, includono anche :
• una maggiore durata della quarantena,
• informazioni inadeguate,
• forniture inadeguate,
• perdite finanziarie catastrofiche e stigmatizzazione
Per fortuna noi abbiamo adeguate fonti di informazione e chiarezza nelle comunicazioni che sono aiuti fondamentali su cui fare affidamento per poter mantenere la calma e restare concentrati sull’obbiettivo finale di battere il virus su tutti i fronti.
È importante ricordarsi che un sintomo non fa la patologia quindi non vi focalizzate su un eventuale singolo sintomo polarizzando il pensiero sulla possibile presenza di patologia e soprattutto evitate di cercare su internet perché, presumibilmente, potreste associare le sensazioni psicofisiche che avete a situazioni patologiche catastrofiche e magari di inimmaginabile rarità che in realtà non vi riguardano.
Morale ? Facciamo buon uso del nostro tempo e della tecnologia che abbiamo a disposizione.