Per la mini-rubrica SorprendenteMente, oggi affronteremo un tema che mi è stato espressamente richiesto, ossia le conseguenze correlate all’aggressione da parte di un animale.
Innanzitutto, è fondamentale comprendere che ogni evento rientra nel ciclo vitale degli individui e, inevitabilmente interferisce con i vissuti di questi ultimi. L’impatto che tali eventi hanno sulle vite delle persone permette loro di passare da una data condizione ad una nuova attraverso ciò che in ambito sistemico-relazionale, viene definita transizione. Proprio in questa fase l’individuo ed il suo sistema di riferimento (famiglia, scuola ecc) sono indotti a “riorganizzarsi”, rimodulando le proprie modalità di funzionamento. Abbiamo parlato di “eventi”, ma nello specifico, dobbiamo fare riferimento agli eventi critici “normativi” e eventi critici “non normativi”. I primi sono eventi attesi e prevedibili che caratterizzano il ciclo di vita della famiglia (nascita di un figlio, perdita dei genitori anziani, ecc.). I secondi, invece, sono eventi inattesi che possono essere prevedibili o anticipati dalla famiglia (e in questo caso si definiscono scelti) o giungere del tutto inaspettati e imprevedibili (definiti “non scelti”) come per esempio, aggressioni, incidenti, malattie, ecc.
Proprio questo passaggio ci fa capire il punto fondamentale dell’evento la cui parole chiave è “inaspettato”.
L’aggressione da parte di un animale, come per esempio il morso da parte di un cane, è, dunque, un evento naspettato, non scelto e, soprattutto è un evento traumatico. È bene chiarire che la reazione ad un evento traumatico è “una reazione normale ad un evento anormale”, in quanto essa è fisiologica; tuttavia diventa disfunzionale qualora comporti una sintomatologia in grado di invalidare (in parte o completamente) la conduzione di una vita “normale”. Ciò detto, va specificato che la reazione al trauma è soggettiva così come lo è la percezione dello stesso e della sua intensità non che l’impatto che l’vento ha sui risvolti vitali. Inoltre, diversi studi riportano che sussista una componente biochimica in merito alla sintomatologia patologica conseguente all’impatto traumatico. Ad attivare il cambiamento disfunzionale è la norepinefrina, un neuromediatore attivante: in soldoni, esso è naturalmente prodotto in situazioni di pressione e tensione, mentre risulta eccessivo in condizioni di notevole stress causando iperattività sintomatologica. Tornando alle conseguenze dovute all’evento di cui sopra, innanzitutto emerge una notevole sensibilizzazione a contesti simili a quello concernente l’episodio e l’attuazione di modalità tese all’evitamento di situazioni collegate al trauma. Inoltre, diverse possono essere le reazioni e soprattutto le patologie sviluppate che possono andare dal disturbo di ansia, alla fobia specifica (in questo caso parliamo di cinofobia) al DPTS (Disturbo Post-Traumatico da Stress)
Alcuni esempi di reazioni comuni sono: ansia, ipervigilanza, senso di angoscia, senso di apatia, emotività ipersensibile, affaticamento, preoccupazione eccessiva anche nei confronti dei familiari e/o degli amici, timore di spostarsi dalla “confort zone” per la paura di “ciò che potrebbe succedere”.
Dal punto di vista cognitivo, altre reazioni comuni sono: difficoltà di attenzione, concentrazione e memoria, pensieri intrusivi e fastidiosi relativi all’evento, riproduzione mentale di parte dell’episodio traumatico, difficoltà di comprendere la dinamica dell’evento, tendenza al rifiuto sociale, diffidenza, pensieri relativi alla persistenza dell’evento.
Sotto il profilo fisiologico, le reazioni fisiche comuni comprendono stanchezza, emicranie, disturbi del sonno, tachicardia, vertigini, difficoltà dell’apparato digerente ed intestinale.
Non ultime, le reazioni comportamentali che comprendono, come detto precedentemente, l’evitamento dei tutto ciò che può avere a che fare con la situazione traumatica, cambiamento delle abitudini, cambiamento del comportamento alimentare, uso o aumento di caffè, alcool, sostane stupefacenti.
Tutte queste modalità reattive, comprensive di sintomatologia specifica, fanno parte del tentativo non adeguatamente riuscito di quella “riorganizzazione” di cui abbiamo parlato pocanzi. Ricordando gli studi condotti da Ruben Hill ed altri, possiamo sintetizzare i risultati delle attività di ricerca su tali processi in tre fasi che seguono all’evento che provoca la transizione: il periodo di disorganizzazione; il periodo attivo di ricerca; il periodo di riorganizzazione. Quindi, tirando e somme, la dinamica che spiega le possibili conseguenze dell’evento traumatico da aggressione da parte di un cane può essere esposta nel modo seguente. Il morso di un cane è un evento critico non normativo, non scelto che è una condotta lesiva improvvisa. La conseguenza (dando per scontato il nesso di causalità ed i criteri necessari che soddisfino le esigenze dello stesso)è la produzione di una serie di soluzioni negative attuate dal soggetto nella fase di transizione. Questa vede come protagonista l’espressione di una certa sintomatologia, i cui strascichi hanno condizionato il periodo di “ricerca”. Questo condizionamento comporta un’alterazione peggiorativa del soggetto che, a sua volta, si può ripercuotere anche sull’attuale livello della nuova condizione “riorganizzata”. Questa condizione “riorganizzata” è disfunzionale e può essere caratterizzata da uno status patologico. A questo punto è bene ricordarvi che, come ho detto all’inizio, le reazioni all’evento traumatico e la percezione dello stesso son soggettive e quindi, fortunatamente, non tutte le persone morse o aggredite da u cane svilupperanno una patologia. In ogni caso, nell’ipotesi in cui un cane dovesse aggredirvi (e non lo auguro a nessuno!) rivolgetevi innanzitutto ad un legale (sarà l’avvocato a spiegarvi come procedere) ed affrontate le conseguenze dell’evento traumatico con l’aiuto di un professionista del settore.