La finalità del testo è rendere consapevole il lettore dell’esistenza oggettiva della speranza al di là di ogni dimostrazione scientifica, perché essa travalica la fredda razionalità e sgorga spontanea dallo spirito umano.
La lettura del testo di Silvia Nocera, C’è sempre un piano B, tratto dall’opera collettiva Volti dal futuro, della Multimage, la Casa Editrice dei Diritti Umani, ci conduce, con la magia di un linguaggio fluido ed avvincente, in una dimensione di leggerezza e di speranza, in un momento storico delicato e difficile come quello attuale, in cui la pandemia, gli interminabili conflitti planetari e l’emergenza ambientale sembrano annichilire ogni prospettiva evolutiva verso il futuro. L’autrice, dopo un’acuta analisi di alcuni dati oggettivi, desunti da situazioni reali ed oserei dire terribili, dimostra come la speranza fluisca anche attraverso le macerie del presente.
Dopo aver analizzato una serie di situazioni di pericolosità estrema, tra cui il condizionamento dei bambini yemeniti, che crescono al grido di “Morte all’America, morte ad Israele”; l’uso intenzionale o accidentale in Occidente dell’arma nucleare; la potenza di un virus, che ha messo in ginocchio il sistema economico e sociale e le ipotesi dettagliate di uno sconvolgimento climatico, Silvia Nocera dimostra la forza dirompente della speranza, senza servirsi minimamente degli assiomi teologici, in base ai quali la speranza stessa si configura come virtù teologale.
A fare da anelli di congiunzione al ragionamento sono gli aforismi di tre grandi della letteratura mondiale.
Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte. Khalil Gibran
L’era più buia è quella che precede il sorgere del sole. Paulo Coelho
Non c’è notte tanto lunga da non permettere al sole di risorgere il giorno dopo. Jim Morrison
Dalla Natura e nella natura dell’uomo, come un germe invisibile e potente, nasce la speranza e la sofferenza le fa da culla. Sì, la sofferenza induce il cambiamento, proprio perché in essa germina la speranza. La forza della speranza trova quindi proprio nelle ore più oscure la propria genesi. E per dirla con le stesse parole dell’autrice, essa “s’insinua tra le crepe che devastano la coscienza ed apre un varco che conduce alla luce e alla serenità. La speranza appare così contro ogni logica terrena, contro ogni previsione catastrofica. Può anche non sorgere, ma nel cuore di alcune persone, in un’infinita disgrazia oggettiva, sgorga questo soffio ristoratore, acquista spazio e prende energia.”
La speranza, scrive Silvia, genera distensione muscolare e nervosa, per cui l’energia vitale riprende il suo flusso. L’essere umano tende al controllo, ma quando allenta le redini e abbandona progetti ed aspettative, accettando il fallimento, ecco che un modo nuovo di sentire può farsi strada nella sua interiorità. La speranza gli consente di sentire l’altro, accettandone i limiti e “ i nemici non sono più tanto nemici, ma pezzi di un ingranaggio più grande di loro. Un ingranaggio… che però non si percepisce come qualcosa di invincibile o inamovibile.”
La finalità del testo è rendere consapevole il lettore dell’esistenza oggettiva della speranza al di là di ogni dimostrazione scientifica, perché essa travalica la fredda razionalità e sgorga spontanea dallo spirito umano. Essa è come una luce straordinaria, che illumina la nostra vera identità, donandole nuovo dinamismo, nuova energia. E’ un faro che proiettiamo su noi stessi, per trarne linfa vitale con cui poter affrontare il presente ed il futuro. La speranza ci solleva dalle colpe , ci fa percepire la transitorietà del male e nei momenti di difficoltà sembra volerci dire: – C’è sempre un piano B.-
Elena Opromolla