Il Carnevale nell’Arte ha una sua storia e segue un filone ben preciso. Le ‘maschere di carnevale’, in particolare quelle ispirate dalla commedia dell’arte italiana, sono state spesso fonte di ispirazione per grandi artisti dell’Arte pittorica.
Nel 1888 Paul Cèzanne dipinge “Pierrot e Arlecchino”, esposto oggi al Museo Puskin di Mosca. La fragile e pallida figura di Pierrot, che sembra essere fatto di gesso, contrasta con l’Arlecchino, agile, colorato e sicuro di sé. In questo dipinto Cèzanne ritrae due tradizionali personaggi della Commedia dell’Arte che mettono in scena l’eterno conflitto tra le due tipologie di temperamento.
Sulla stregua dei grandi artisti, sia Pierre- Auguste Renoir che Pablo Picasso si sono cimentati nel raffigurare maschere della commedia dell’arte. Picasso ritrae nel suo ‘periodo blu’ un triste e pensoso Arlecchino (1901), Renoir invece sceglie un romantico Pierrot bianco (1901-1902).
Di tutt’altra atmosfera il Carnevale rappresentato, invece, da Pieter Bruegel il Vecchio nel 1559, che dipinge “La lotta tra Carnevale e Quaresima”, una tumultuosa raffigurazione in cui Quaresima viene rappresentata da una donna magra e pallida, mentre il Carnevale è raffigurato da un uomo grasso a cavallo di una botte, intento a mangiare e bere. Alle tradizionali maschere riprese dalla Commedia dell’Arte nell’ottocento, Bruegel contrappone l’allegra confusione data dallo spirito del carnevale, dove energia e trasgressione esplodono dietro lo schermo della ’maschera’.
Altro quadro dove si avverte questa atmosfera carnevalesca, è il dipinto di Ippolito Caffi, e torniamo nell’ottocento, che dipinge “La Festa dei Moccoletti”, del 1852. Questo quadro ci ricorda di quando il Carnevale di Roma era più importante e internazionale del Carnevale di Venezia. Lungo la centralissima Via del Corso, si svolgeva una sfrenata corsa dei cavalli con arrivo nell’attuale Piazza Venezia, evento centrale del Carnevale, che si concludeva nel giorno del martedì grasso con la Festa dei Moccoletti. Si usciva di casa mascherati, con in mano una candela o una fiaccola o lanterna e il gioco consisteva nel mantenere accesa la fiamma il più a lungo possibile, mentre tutta la folla si rincorreva e ognuno cercava di far spegnere la fiamma dell’altro. Chi si trovava con la candela spenta doveva togliersi la maschera. Si legge: «Ognuno dei presenti sembra animato da un solo proposito e cioè spegnere la candeletta degli altri e mantenere accesa la propria; e tutti, uomini, donne e ragazzi, signori e signore, principi e contadini, italiani e stranieri, vociano strillano e urlano incessantemente ai vinti in aria di canzonatura: “Senza moccolo! Senza moccolo!”»
La corsa dei cavalli Barberi, della festa dei moccoletti, fu abolita nel 1874 dalla regina, perché ritenuta troppo pericolosa. Da qui il declino del Carnevale Romano.
Ma accanto a tutta una produzione artistica che vedeva raffigurati le tradizionali maschere della Commedia dell’Arte o che prendeva ispirazione da feste cittadine che incarnavano il vero spirito goliardico e sfrenato del Carnevale, si affianca una produzione più aulica o surreale.
È il caso del dipinto di Henri Matisse, che raffigura un insolito Icaro, opera del 1947 e oggi al Metropolitan Museum di New York. Nel dipinto Icaro appare in una iconografia quasi goffa, vestito di una tuta nera sullo sfondo blu del cielo e attorniato di stelle luminose.
Tra le rappresentazioni più suggestive c’è sicuramente il Carnevale surreale di Joan Mirò. Il “Carnevale di Arlecchino” è un vero e proprio anomalo laboratorio di strane creature, una bizzarra raffigurazione dell’Arte del Carnevale, dove figure ibride e antropomorfe danzano al ritmo della musica intorno alla figura fantastica di Arlecchino. Gli storici pensano che il titolo del dipinto di Miró faccia riferimento al Martedì Grasso. Secondo la tradizione cristiano-cattolica il Martedì grasso si celebra prima del digiuno che caratterizza la Quaresima di Pasqua nel calendario liturgico cattolico.
L’opera risale al 1925 ed è oggi conservata presso la Albright-Knox Art Gallery di Buffalo negli Stati Uniti d’America.