Il governo sembra fare serio sul tema dell’autonomia differenziata, quali saranno le conseguenze e che riflessioni occorrono
Politica e dintorni – Autonomia differenziata, il Governo fa sul serio, disco verde dal Consiglio dei Ministri per il ddl sulla tanto discussa proposta di legge che divide nettamente i presidenti delle regioni settentrionali e meridionali.
La riforma prevede l’attribuzione alle regioni a statuto ordinario di alcune materie che attualmente ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione ricadono nella potestà legislativa concorrente, oltre alla spinosa questione del cosiddetto residuo fiscale, ovvero la differenza tra quanto i contribuenti di una Regione versano e quanto ricevono in termini di spesa pubblica, dove la Lombardia, Regione già di per se ricca riceve circa 54 miliardi di € in più di quanto versa nelle casse dello Stato, situazione che potrebbe vedere aumentare il divario con le regioni del mezzogiorno.
Il fondamento normativo nell’art. 116, terzo comma della stessa Costituzione in cui vengono definiti i “principi generali per l’attribuzione alle regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, e le “relative modalità procedurali di approvazione delle intese tra lo Stato e una Regione”.
Quello relativo alla possibilità di rivedere la riforma costituzionale del Titolo V, cioè quello concernente Regioni, Provincie e Comuni è uno dei temi più ricorrenti nel dibattito politico italiano, che vede contrapposti gli autonomisti da una parte ed i centralisti dall’altra, ognuno con le proprie idee e ragioni, legittime quanto opinabili e che meritano di essere prese in considerazione vista l’importanza della questione in oggetto.
Restando nell’argomento, diatriba molto accesa è quella tra i Presidenti delle regioni meridionali ed i loro colleghi settentrionali sui temi del mancato sviluppo del Mezzogiorno, con i primi che se per un verso possono avere recriminare sulla disparità di trattamento a sfavore dei propri cittadini, dall’altro dovrebbero fare mea culpa insieme al resto della classe politica meridionale rea di non riuscire ad assicurare ai propri elettori parità di trattamento, e probabilmente senza questo peccato originale l’autonomia differenziata stessa, sulle cui conseguenze occorrono molte riflessioni, potrebbe rappresentare un’opportunità di crescita anziché di discriminazione.