APROCCIO PSICOLOGICO ALLA MALATTIA (1° parte)
Ritorniamo puntuali con “SorprendenteMente” la nostra mini-rubrica di psicologia che da un po’ di tempo orma accompagna la rivista on line “Plus Magazine”. Oggi tratteremo un tema delicato che riguarda le malattie e seguiremo il percorso che seguirà tutte le fasi concernenti l’argomento. Un po’ di tempo fa, sviscerai l’argomento in una conferenza ove, un’equipe di professionisti ne spiegava i diversi punti di vista.
Ma procediamo con ordine.
L’atteggiamento del malato nei confronti della malattia dipende da molti fattori. La personalità costruita nel corso dell’età evolutiva e della storia personale, è forse la variabile più significativa nel determinare le reazioni psicologiche alla malattia; su di essa è possibile influire nei casi gravi solo con interventi specialistici di tipo psicoterapico.
Nell’ambiente di vita del paziente la famiglia è di primaria importanza e le reazioni dei familiari sono determinanti nello strutturare le modalità reattive del singolo, in un rapporto di reciproca influenza e di continua interazione.
Ma quali sono le reazioni psicologiche? Vediamo!
La malattia è per ognuno di noi un’esperienza ricca di implicazioni affettive: essa mette in pericolo sia l’identità psico-fisica dell’individuo che la sua vita relazionale in quanto è vista come una minaccia incontrollabile che aumenta enormemente il senso del pericolo e di impotenza. E’ un evento critico dove il soggetto prova inizialmente stupore, incredulità, rabbia, impotenza ed in questa fase si possono verificare cambiamenti:
1) di identità e di ruolo poichè da persona attiva ed indipendente della famiglia si ritrova nel ruolo del malato passivo e bisognoso di cure;
2) di ambiente poiché la persona è costretta a letto o in l’ospedale;
3) di percezione del futuro poiché i progetti diventano a dir poco incerti. A tale proposito, oltre che come minaccia, la malattia può essere vista anche come una frustrazione, cioè come un ostacolo che impedisce il raggiungimento degli obiettivi prefissati . Essa può, quindi, mobilitare quei meccanismi di difesa che sono più frequenti di fronte alla frustrazione come l’aggressività. Poiché le cause della malattia sono complesse e non sempre ben identificabili, spesso la persona manifesta un’aggressività generica e indifferenziata (ad esempio contro il destino, la provvidenza), oppure contro un capro espiatorio In altri casi prevale la regressione con il ritorno a modalità comportamentali e difensive infantili, lo scambio tra l’individuo e il mondo circostante si fa più povero comportando l’ isolamento sociale e i confini tra realtà e irrealtà si attenuano con la fuga nella fantasia e nel ricordo del passato.
Possono però, mobilitarsi reazioni costruttive come l’uso dell’aggressività al fine di lottare contro la causa della malattia per guarire oppure, per continuare a vivere al meglio oppure, nel caso di malattie croniche o invalidanti, nella ricerca di un obiettivo sostitutivo.
Le reazioni alla malattia possono essere di due tipi: attacco, nel tentativo di sconfiggere il pericolo, oppure rinuncia alla lotta con l’inazione fino alla grave depressione.
La minaccia più frequente che la malattia comporta è il dolore e la percezione di quest’ultimo, così come il modo di esprimerlo, varia notevolmente a seconda della personalità, della cultura, e anche del sesso: i soggetti ansiosi, ad esempio, tendono a vivere il dolore come intollerabile ed appaiono molto sensibili a situazioni psicologiche di rassicurazione e conforto.
Quando poi subentra il confronto con la realtà, aumenta anche la probabilità che la persona si adatti alla sua nuova condizione poiché trova un modo per ritornare alla stabilità e autoregolare il suo stato psicologico su nuovi standard. Tale processo di “adattamento” si svolge lungo tre direzioni:
1) Il soggetto valuta l’evento critico interrogandosi sulla sua gravità e conseguenze. La ricerca di significato lo porta a rivalutare l’esistenza ed a ridefinire le priorità.
2) Il soggetto si concentra sulle strategie da seguire per risolvere in maniera costruttiva il suo problema in base a nuovi standard ( la ricerca di padronanza riacquista centralità rispetto alla malattia )
3) Attiva strategie, a suo parere efficaci, per il mantenimento del benessere psicologico ( si ha un miglioramento dell’autostima in un processo di crescita personale)
C’è davvero tanto da dire e visto che l’argomento va trattato in modo rispettoso, non voglio fare una sintesi sterile e per questo motivo lo riprenderemo la prossima volta.