Robert Lee Frost, noto ed importante poeta americano degli Anni Sessanta, scrive: La poesia è quando un’emozione ha trovato il suo pensiero ed il pensiero ha trovato le parole.
Questo aforisma legittima così l’inclinazione dell’uomo di tutti i tempi a comporre poesie. Infatti anche Paolo Gambi, laureato in giurisprudenza e psicologo, fondatore del Movimento Rinascimento poetico, asserisce che non esiste epoca storica senza poeti.
La poesia è un prodotto immateriale dello Spirito Umano che fonde sentimento e ragione, psiche e ratio, prefigurandosi così come, intuito da Freud, quale privilegiata via d’accesso all’inconscio. Attraverso la poesia scritta, letta ed ascoltata è possibile attivare il processo di autoconoscenza e di autoliberazione, epurando l’anima dal dolore, dall’amarezza, dalla rabbia. In tal senso la sinossi Olena di Elena Opromolla si delinea come un percorso catartico che, attraverso le poesie, conduce l’autrice alla consapevolezza di sè, per poter meglio orientare la propria vita.
Da un punto di vista formale la poesia si configura come un prodotto ibrido e fecondo di parole e musica sin dalle origini. Le figure retoriche di suono sono appunto strategie della metrica per conferire ai componimenti la nota musicalità. Parliamo appunto delle figure retoriche dell’allitterazione, dell’onomatopea e della paronomasia.
Nella stanza della Segnatura ai Musei Vaticani la poesia viene raffigurata come una donna che reca in una mano un libro e nell’altra una lira, così come gli aedi greci, tra cui il grande Omero.
La poesia si presenta anche come una preghiera, così come dimostrato dai Salmi biblici, perché riesce ad esprimere concetti e stati d’animo universali, che alleggeriscono il peso dell’esistenza.
Paolo Gambi considera Maestri della poesia Omero, Dante, Shakespeare, Borges, Bukowski, Pascoli, D’Annunzio, alla cui fonte si abbevera quotidianamente, tuttavia definisce la poesia come una capacità dello Spirito Umano e come tale può essere esercitata da tutti. Essa permette di rendere semplici argomenti che altrimenti sembrerebbero complicati.
Il Gambi rileva che anche i ragazzini sui social scrivono poesie. Per questo motivo è necessario liberare la poesia dal supporto della sola carta e farla uscire fuori dal mondo “iperuranio” nella quale l’hanno relegata i circoli chiusi dei Nobel mancati. Essa deve essere declamata, deve librarsi nell’aria e come dice il Gambi deve essere sdoganata, scrivendola sui muri, sui corpi e nei teatri. La poesia deve ibridare insomma ogni forma d’arte. Essa deve farci comprendere cosa conti davvero, deve farci vedere l’infinito dove la Natura è maestra.
La poesia non deve essere discriminatoria. Tutti potenzialmente sono poeti.
Essa è un ponte tra il mistero dentro di noi ed il mistero fuori di noi.
Concludendo la poesia deve utilizzare anche la tecnologia e illuminare la rivoluzione globale che stiamo attraversando.